Parigi, Gentiloni: Combattiamo il terrorismo, ma non siamo in guerra

Roma, 24 nov. (LaPresse) – “La scelta che abbiamo fatto è quella di non nascondere i pericoli ma governarli, senza rinunciare ai nostri valori. Non ignorare la paura e la rabbia – perché sia la paura che la rabbia sono presenti tra i nostri concittadini – ma decidere che vanno anche queste governate, non alimentate. Questa è la sfida che abbiamo davanti. E una sfida che non può non cominciare rivolgendo di nuovo un pensiero alla Francia. Abbiamo sempre detto i nostri cugini francesi. E dal 13 novembre dobbiamo dire che sono i nostri fratelli francesi”.

Così il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, in un intervento sull’Unità, nel quale sottolinea il ruolo dell’Italia: “Dobbiamo dire che siamo sotto attacco da parte del terrorismo e che dobbiamo reagire combattendo. Io ricordo di averlo detto una decina di mesi fa questo concetto – combattiamo il terrorismo – con qualche conseguenza. Sono passato per guerrafondaio. Ma la verità è questa”, “l’Italia non si sente un paese in guerra ma è impegnata in prima linea contro il terrorismo. Voglio anche aggiungere che non avalliamo in nessun modo una sorta di benaltrismo alterno di Daesh, che ogni tanto sento circolare nella nostra discussione. Perché tutte le cose che si dicono hanno una parte di verità. Non c’è dubbio per esempio che il degrado delle periferie può essere un elemento che amplifica la capacità di appeal del terrorismo islamico. Ma questo non deve in nessun modo autorizzare una natura sociologica del fenomeno terrorista. Che non è mai stata vera”.

Il ministro sottolinea che “questa è una battaglia che vinciamo se il mondo islamico, anche nelle nostre società ne diventa davvero protagonista”. Secondo Gentiloni occorre “non arretrare di un millimetro nella battaglia contro la sovrapposizione del fenomeno terrorista e del fenomeno dei rifugiati. Su questa sovrapposizione il governo italiano, il Pd, non arretrano di un millimetro. Perché se molliamo su questa cosa abbiamo uno sfondamento culturale che non riusciremo più a sostenere. E in secondo luogo dobbiamo iniziare a discutere più seriamente di un’Europa, come qualcuno dice, a centri concentrici. Io non direi a due velocità, perché significa che il lento deve raggiungere quello che va più veloce. Dobbiamo però parlare di un’Europa che si adatti a quel che è avvenuto in questo periodo. A inizio gennaio avremo qui a Roma un incontro dei ministri degli esteri dei paesi fondatori dell’Unione europea. Credo che potrà essere un’occasione per lanciare questo ragionamento”.

Inoltre il ministro annuncia anche un altro evento internazionale importante: “Mare nostrum lo chiamavano i romani, io dico spesso non può diventare Mare nullius, cioè un mare di nessuno. In cui nessuno cerca di costruire un ordine, di esercitare un ruolo, di assumersi delle responsabilità. Ne parleremo in una conferenza tra il 10 e il 12 dicembre qui a Roma con molti dei leader della regione che credo sarà uno degli obiettivi per noi fondamentali”