di Elisabetta Graziani

Roma, 14 ott. (LaPresse) – “E’ finita la guerra punica. Le battaglie del passato non hanno più senso: c’è una fase nuova nel Paese e all’interno del Pd”. Così, l’indomani del ‘sì’ del Senato alla riforma costituzionale, il deputato della minoranza dem Davide Zoggia mette nero su bianco la svolta già consumata nella minoranza e prova a far virare verso Matteo Renzi l’area di Sinistra riformista, l’ala del partito vicina all’ex capogruppo Roberto Speranza che ad aprile votò contro la fiducia sull’Italicum. Non una resa, ma una presa d’atto che qualcosa è cambiato. Un nuovo corso in vista dei prossimi appuntamenti: il voto alla Camera e il referendum sul disegno di legge Boschi, la prossima direzione e le amministrative.

“L’obiettivo è dare una mano a ricostruire il legame del partito con i territori, visto che qualche problema con la base il Pd ce l’ha”, precisa il deputato veneto ed ex presidente della provincia di Venezia. Spiega Zoggia: “Il punto di svolta è stata l’ultima direzione del Pd in cui il segretario ha aperto alle richieste della minoranza che hanno portato a cambiare il disegno di legge Boschi con l’emendamento Finocchiaro sull’elettività dei senatori. C’è stata una volontà di ascolto reciproca”.

Fu proprio la direzione del 21 settembre a segnare lo spartiacque: allora qualcosa era già cambiato nella minoranza dem. In quell’occasione, sia Roberto Speranza sia lo stesso Zoggia arrivarono a largo del Nazareno con intenti meno combattivi sul ddl Boschi e rilanciando la partita sulla legge di stabilità. A suggellare il nuovo corso fu Pier Luigi Bersani che parlò di “apertura significativa”.

Perché questo cambio di rotta?

“Se vogliamo continuare a vincere le elezioni non ci sono alternative a Renzi. Tra Renzi e Fassina non c’è molto in mezzo: la nostra posizione è molto complicata. Al prossimo congresso, probabilmente nel 2017, noi votiamo per il candidato premier, non soltanto per il segretario del partito: questo dev’essere chiaro. Io non so ancora per chi voterò, ma ci sono le prossime scadenze urgenti: le amministrative e soprattutto il referendum sulla legge costituzionale previsto per il 2016. Adesso bisogna lavorare uniti perché il Pd si affermi a tutti i livelli”.

La sua è una posizione condivisa da tutta Sinistra riformista?

La maggioranza sposa questa linea, anche se non tutti. Ma mi pare che anche con Cuperlo stia maturando una riflessione di questo tipo. Va preso atto che le ultime trattative sulla riforma costituzionale sono state portate avanti da Bersani più che da Speranza.

Qual è quindi secondo lei il nuovo manifesto della minoranza dem?

Restiamo saldi nei nostri valori anche perché questo consente di evitare un’emorragia nel Pd: c’è gente che non vuole più iscriversi, a noi spetta recuperarla. Ma nello stesso tempo non ci sottraiamo alla sfida di Renzi. Per esempio quello che è successo sabato con gli industriali a Treviso: tremila imprenditori erano entusiasti di Renzi, Berlusconi a confronto era un pivello. Io non sono dispiaciuto che Renzi riesca a parlare a una platea di tremila industriali trevigiani perché è la dimostrazione che il Pd sa aprirsi. Questa dev’essere la posizione dell’area: tenere una propria idea sui grandi temi, senza che questo implichi votare contro il governo o la maggioranza del Pd. Abbiamo deciso di stare dentro il Pd quindi non possiamo tenerlo sempre in fibrillazione. La fase degli scontri frontali è finita.

Cosa chiede la minoranza Pd a Renzi?

Ad esempio che l’Imu non sia tolta a tutte le categorie di immobili. Poi bisogna fare di più per orientare verso il sociale i contenuti della legge di stabilità, ma per questo aspettiamo di conoscerla nel dettaglio. Una volta letta stabilità nei prossimi giorni presenteremo la nostra piattaforma di proposte: la flessibilità in uscita delle pensioni, il rinnovo dei contratti del settore pubblico, la riforma del catasto.

Per lei si delinea un nuovo ruolo all’interno del Pd e della minoranza?

Io non divento renziano, ma darò una mano per favorire il dialogo minoranza-maggioranza dentro il partito. Ci sono diverse sfide da affrontare, a cominciare dai territori. In Veneto, per esempio, vanno eletti il segretario regionale e provinciale di Venezia.

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