di Elisabetta Graziani
Roma, 12 ott. (LaPresse) – Un problema di “sostanza e di calendario”: questa, secondo il capogruppo dei senatori Pd Luigi Zanda, la sintesi del vertice di maggioranza sulle unioni civili che si è svolto questo pomeriggio a palazzo Chigi. Due ore di dibattito, dalle 17 alle 19, in cui il premier Matteo Renzi e il suo alleato di governo, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, si sono confrontati nel metodo e nel merito con i presidenti dei rispettivi gruppi al Senato, Zanda e Renato Schifani (Ncd), senza però arrivare a un accordo. Il Pd vorrebbe incardinare il provvedimento in aula a palazzo Madama prima della legge di stabilità; per Ncd, invece, come ha spiegato lo stesso Alfano al termine dell’incontro, “non è un’emergenza nazionale”. “Non siamo d’accordo sui tempi e neppure su tante questioni di merito”, ha precisato il titolare del Viminale e segretario di Ncd. Domani i due gruppi si riuniranno separatamente a palazzo Madama.
DOMANI LE RIUNIONI DEI GRUPPI. La maggioranza dunque si è spaccata? Zanda butta acqua sul fuoco. “Non parlerei di strappo né di mediazione”, dice uscendo da Chigi. E, prudente come sempre, rimanda a domani – in mattinata probabilmente – la decisione, dopo la riunione del gruppo Pd. “Se la maggioranza dei senatori Pd chiederà di calendarizzare in aula il ddl sulle unioni civili prima della legge di stabilità, la richiesta sarà portata nella capigruppo convocata subito dopo il voto finale sulla riforma costituzionale”, spiega. Insomma Zanda vuole l’investitura dei suoi per arrivare alla riunione dei presidenti dei gruppi parlamentari con un mandato preciso: portare il disegno di legge nell’assemblea di palazzo Madama prima del 15 ottobre anche senza il placet di Ncd, rinviando poi la discussione a dopo la legge di stabilità.
IL RUOLO DELLE OPPOSIZIONI. In capigruppo la differenza la faranno il M5S e Sel. Soltanto se l’opposizione andrà in soccorso al Pd la legge sulle unioni civili potrà arrivare in aula con i tempi previsti e voluti dallo stesso presidente del Consiglio Matteo Renzi, ma senza l’alleato di governo. E questa pare essere la direzione, secondo le indiscrezioni circolate prima del vertice a Chigi.
Questa sera in commissione Giustizia c’è la relazione sui tre nuovi testi del ddl per il loro incardinamento formale. Si tratta del testo a prima firma della senatrice Monica Cirinnà (Pd), del senatore Fi Lucio Malan e della senatrice di Conservatori e riformisti Cinzia Bonfrisco e, infine, del testo di Giacomo Caliendo (Fi). I primi due differiscono fondamentalmente perché il secondo non prevede la possibilità di adozione per le coppie gay, neppure nei confronti dei figli nati dai precedenti matrimoni.
IL PD POTREBBE SPUNTARLA. Le posizioni di Pd e Ncd, come ammettono sia Zanda sia Alfano, restano “differenti”. Di certo ciascuno deve soddisfare il proprio elettorato: il Pd portando il provvedimento in aula prima del 15 ottobre, come preannunciato; Ncd dimostrando di non essere d’accordo neppure sui tempi.
Ma la strada, almeno sui tempi, pare ormai essere quella dettata dal Partito democratico. La mediazione vera potrà essere più in là, a novembre o addirittura nel 2016, sui contenuti, reale ostacolo che contrappone le due anime della maggioranza di governo. Nel frattempo, sulla data possono anche restare le scaramucce: a decidere saranno i presidenti di tutti i gruppi parlamentari domani dopo l’ultimo round sul disegno di legge Boschi.