di Elisabetta Graziani
Roma, 25 ago. (LaPresse) – E’ il palco del meeting di Comunione e Liberazione a Rimini a ospitare il primo intervento pubblico del presidente del Consiglio Matteo Renzi dopo la pausa estiva. Ad accoglierlo una platea di cinquemila persone, anche se lui si schernisce ammettendo: “Io non volevo venire”.
E non per la sua appartenenza all’altra ala cattolica, quella degli scout Agesci tradizionalmente lontana da Cl, ma – dice – per non usare la scena come “piazza politica” acchiappavoti, a differenza dei suoi “predecessori alla guida del centrosinistra”. Rispedite al mittente quindi le accuse di chi vede nell’incontro una prima prova del PdN, quel Partito della Nazione che dovrebbe svilupparsi come evoluzione naturale del Pd.
Tre le tappe della giornata del premier: Rimini, Pesaro e L’Aquila. A Rimini Renzi concede spazio a qualche polemica: contro “berlusconismo e antiberlusconismo che hanno messo il tasto ‘pausa’ all’Italia per vent’anni”; contro l’opposizione interna al suo partito, accusata di usare le riforme per moltiplicare le poltrone; e contro la Lega e il suo segretario Matteo Salvini, mai citato direttamente. “Ho letto che c’è stato un politico che ha detto di voler bloccare il paese per 3 giorni a novembre – dice -, ma sono 20 anni che la stanno bloccando”.
A Pesaro, invece, Renzi cambia registro. Questa è l’anteprima di cento incontri che lo vedranno parlare dai palchi di altrettanti teatri italiani per raccontare cosa ha fatto di buono il governo e per raccogliere suggerimenti. Niente “gufi” dunque, soltanto proposte e risultati raggiunti. Non a caso è proprio dalla città marchigiana che Renzi ribadisce agli italiani la sua promessa sul fisco: “via Tasi e Imu per tutti dal 2016”.
All’Aquila, prima visita in veste istituzionale da quando è premier, il presidente del Consiglio è costretto dalle contestazioni a cambiare programma e ad andare direttamente al Gran Sasso Science Institute.
Al centro del discorso tenuto nel capoluogo abruzzese i progetti di rilancio per la città e il Mezzogiorno: un “patto” o “contratto” di due anni tra governo e Regioni da firmare entro il 31 dicembre, “dove tu mi dici cosa fai come Regione, io ti dico cosa facciamo come governo”. E annuncia: “Tra un anno faremo il punto sui cantieri” aperti nella zona colpita dal sisma.
Alcune affermazioni del premier a Rimini, dove l’intervento è stato ad ampio raggio, hanno avuto echi polemici. A dominare il dibattito, i temi dell’immigrazione e delle tasse. “Non cederemo al messaggio che vuole far diventare l’Italia terra della paura – ha precisato Renzi – prima salviamo le vite umane, possiamo pure perdere tre voti, non è buonismo ma umanità”.
Poco prima, su Facebook, l’accusa di Matteo Salvini: “Renzi chiacchierone incapace, cagnolino della Merkel. Dopo 18 mesi con lui e le sue amiche al governo, sono aumentate tasse e disoccupazione e l’immigrazione è fuori controllo”. Ancora sulle imposte, il pesidente del Consiglio ha risposto alle critiche, precisando che “la riduzione delle tasse serve ad aumentare il grado di libertà di un Paese” e “non il grado di consenso di un presidente del Consiglio”.
Quindi la stoccata alla minoranza dem, accusata di usare le riforme per moltiplicare le poltrone. “Dicono che se non c’è elezione diretta è a rischio la democrazia – ha detto Renzi del dibattito in corso sulla riforma del Senato -. Non è che devi votare tante volte per avere più democrazia. Quello è il telegatto, non la democrazia. Moltiplicando le poltrone si fanno contenti quei politici, non gli elettori”.
Immediata la replica del senatore di minoranza Pd Federico Fornaro: “Il parallelo tra il telegatto e la democrazia è francamente incommentabile: toccherebbe al presidente del Consiglio provare ad elevare e non abbassare il livello del confronto sulle riforme. Stiamo parlando della modificadella Costituzione, non di ricercare battute ad effetto più adatte ad uno spot televisivo che a un serio dialogo sulle riforme”.
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