Grecia, De Petris (Sel): Tsipras non delude, fu tradito da Renzi

Roma, 23 ago. (LaPresse) – La scelta delle dimissioni di Tsipras ha colpito indubbiamente la senatrice di Sel Loredana De Petris, fra i componenti di quella che era stata definita in Italia l’allegra “brigata kalimera” in appoggio al premier greco. Tuttavia non si dice triste per l’epilogo ellenico.

“Tsipras – afferma la senatrice – in questi mesi ha comunque cambiato molte cose. Anche a livello europeo, se si pensa che prima l’idea di ristrutturare il debito era un tabù. E’ chiaro che queste scelte le sta pagando, a cominciare dalla scissione all’interno di Syriza. Lo evidenzia il fatto che si sia dimesso e abbia chiesto nuove elezioni”.

La senatrice vendoliana spiega: “Non è una scelta banale. Il suo tratto distintivo è la coerenza e la volontà di ascoltare l’elettorato. A differenza dell’Italia dove il premier non ha vinto le elezioni e governa. Se ci pensiamo, il premier ellenico poteva fare un governo di unità nazionale sopravvivendo alla giornata imbarcando, come avviene da noi, un pezzetto di questo o quel partito. Ma non l’ha fatto”.

In merito alla scissione del partito ellenico Syriza: “Era un’esperienza interessante perché nasceva da tanti piccoli gruppi e aveva costruito un rapporto molto stretto con le persone. Pensavamo fosse un’operazione unitaria più solida. Un po’ di delusione per questo c’è. Nella sinistra – aggiunge De Petris – comunque c’è un po’ questa tendenza alle divisioni su questo non c’è dubbio”.

De Petris contesta il comportamento dei governi di Parigi e Roma: “Se Tsipras si è trovato in quei giorni terribili delle trattative con Bruxelles è anche colpa del fatto che si era illuso di avere al fianco l’Italia e la Francia. Peccato – aggiunge – che solo a parole Renzi e Hollande affermavano che occorresse uscire dallo scenario dell’austerity. Lui ha avuto di sicuro il torto di credergli”.

Alla domanda se approva il leder ellenico in pieno la senatrice risponde: “Al 100% no. Delle partite potevano essere giocate meglio – afferma – ma le ultime scelte erano obbligate anche se dolorose. Non si poteva certamente tornare alla dracma. Si è dimostrato – conclude un leader che tiene agli interessi del suo popolo anche a costo di mettere in discussione il suo partito”.