di Elisabetta Gramolini
Roma, 23 ago. (LaPresse) – A gennaio, quando Alexis Tsipras, leader del partito greco di sinistra Syriza, ha vinto le elezioni, in tanti anche in Italia hanno festeggiato. Quella allegra ‘brigata kalimera’, come fu chiamata, era formata da Pd, Sel e Movimento 5 Stelle che brindarono al risultato quasi come fosse una loro vittoria. Ma ad Atene, in poco più di sette mesi le cose sono profondamente cambiate. Il leader giovane ha prima invocato un referendum sull’accordo con Bruxelles poi, dopo una estenuante trattativa, ha strappato un’intesa che dolorosamente il Parlamento di Atene ha accettato. Ora si è dimesso e una parte del suo partito non c’è più. L’ala più estrema di Syriza ha fondato Unità popolare portandosi via 25 parlamentari. Sogno e prospettiva di cambiamento infranto? L’allegra brigata kalimera non dà soddisfazione. Anzi. Loredana De Petris, senatrice di Sel, resta al fianco di Tsipras.
Senatrice, anche lei faceva parte della allegra “brigata Kalimera” della sinistra italiana estimatrice di Tsipras. Ora è triste per l’epilogo?
Non si tratta di essere triste. Tsipras in questi mesi ha comunque cambiato molte cose. Anche a livello europeo, se si pensa che prima l’idea di ristrutturare il debito era un tabù. E’ chiaro, queste scelte le sta pagando. A cominciare dalla scissione all’interno di Syriza. Tuttavia evidenzio il fatto che si sia dimesso e abbia chiesto nuove elezioni. Non è una scelta banale. Il suo tratto distintivo infatti è la coerenza e la volontà ad ascoltare l’elettorato. A differenza dell’Italia, dove il premier governa senza aver vinto le elezioni. Tsipras poteva fare un governo di unità nazionale sopravvivendo alla giornata e imbarcando, come avviene da noi, un pezzetto di questo o quel partito.
Non sembra delusa. Lo promuove in pieno?
Al 100% no. Delle partite potevano essere giocate meglio ma le ultime scelte erano obbligate anche se dolorose. Non si poteva certamente tornare alla dracma. Si è dimostrato un leader che tiene agli interessi del suo popolo anche a costo di mettere in discussione il suo partito.
Comunque fra Tsipras e Unità popolare sceglie sempre il primo?
Si è chiaro. Dispiace per la scissione e che non abbiano aspettato il congresso. Ma sono contenta che Varoufakis sia rimasto con Syriza.
Lo sa che rischia di essere d’accordo con la maggioranza Pd e con Renzi?
Mi faccia dire una cosa. Se Tsipras si è trovato in quei giorni terribili delle trattative con Bruxelles è anche colpa del fatto che si era illuso di avere al fianco l’Italia e la Francia. Peccato che solo a parole Renzi e Hollande affermavano che occorresse uscire dallo scenario dell’austerity. Lui ha avuto di sicuro il torto di credergli.
Non l’avevate avvertito?
Non è un problema di consigli. Dagli incontri bilaterali è uscito convinto di poter reggere allo scontro con la Germania con due alleati forti. Se anche Italia e Francia avessero seguito gli interessi nazionali lo avrebbero appoggiato.
Torniamo ad oggi: la sinistra greca soffre della stessa malattia della separazione di cui è affetta quella italiana. Non c’è cura, è nel dna di tutte le sinistre?
Syriza era un’esperienza interessante perché nasceva da tanti piccoli gruppi e aveva costruito un rapporto molto stretto con le persone. Pensavamo fosse un’operazione unitaria più solida. Un po’ di delusione per questo c’è. Nella sinistra comunque c’è un po’ questa tendenza alle divisioni, su questo non c’è dubbio. Il problema oggi è mettere in campo un progetto di sinistra che possa reggere la sfida della contemporaneità in Europa. In Spagna per esempio, seppur solo con le amministrative, abbiamo visto la capacità di Podemos di fare alleanze e coltivare la vocazione di governo. Questa credo sia la strada che dobbiamo seguire anche qui in Italia.
Dà per scontata una alleanza fra Syriza e Unità Popolare?
A parte che Tsipras potrebbe vincere da solo ma poi ha dimostrato di essere bravo nelle alleanze nella prima fase di governo.
E in Italia, l’alleanza con il Pd è possibile?
Qui abbiamo una situazione di finzione dove il partito democratico ha ancora pochi connotati di sinistra. Lo dimostra il fatto che raccatta voti anche fra i verdiniani. Poi a livello locale, il discorso cambia. L’anno prossimo alle amministrative di Milano, se il candidato sarà sulla stessa linea di Pisapia non avremo problemi a mantenere l’alleanza.
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Incontro oggi Fassina proprio per parlare di questo.