Di Elisabetta Gramolini
Roma, 4 ago. (LaPresse) – A poche ore dal voto di fiducia con cui la Camera ha dato il via libera al decreto legge Enti locali, in cui sono contenute importanti novità per il settore sanitario, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha incontrato associazioni e sindacati dei medici. Proprio a loro sono infatti rivolte buona parte delle innovazioni del provvedimento.
In particolare, l’attenzione si è concentrata sugli articoli in merito all’appropriatezza. Il decreto infatti non segna solo il taglio di oltre 2,35 miliardi di euro al comparto ma introduce anche i limiti alla prescrizione di esami fuori dal sospetto diagnostico. Obiettivo della misura, secondo il ministero, è quello di arginare la crescita delle prescrizioni inutili che hanno gonfiato negli ultimi anni i numeri della medicina difensiva. Per incentivare i medici a rispettare i paletti, il decreto impone delle riduzioni sullo stipendio. Proprio questo particolare punto ha sollevato polemiche fra gli operatori.
A detta del ministro, però, l’incontro di oggi pomeriggio con loro è risultato “proficuo”, così come ha affermato durante la conferenza stampa in cui ha elencato i punti principali del decreto. “Si tratta di misure di buon senso – ha precisato – che non prevedono medici-sceriffi in corsia. Il decreto deriva da quello che è stato deciso insieme al Mef già nel Patto della Salute, vale a dire una razionalizzazione delle spese e una maggiore qualità dei servizi”.
Secondo la titolare della Salute, infatti, la revisione della spesa attraverso la stretta sulle prescrizioni è necessaria per fare fronte a due imminenti sfide del servizio sanitario nazionale: l’invecchiamento della popolazione e l’aumento della spesa farmaceutica. “Anche le regioni – ha aggiunto Lorenzin in conferenza stampa – erano concordi con questa linea”. Tornando all’incontro avuto pochi minuti prima con i medici, il ministro ha chiarito che “nessuno impedisce loro di prescrivere esami diagnostici per esempio quando c’è un sospetto tumore. Ma – ha precisato – quello che vogliamo cancellare è il costume dell’uso eccessivo”.
I tecnici del ministero hanno quindi spiegato che l’appropriatezza verrà definita su quattro ambiti. Il primo è rappresentato dalle prestazioni odontoiatriche, già oggi limitate ai soggetti vulnerabili (bambini e fascia minima di reddito). Per queste, le regioni non soggette a piano di rientro potranno continuare a erogarle come prestazioni aggiuntive se lo vorranno. Nel secondo ambito, vengono catalogati i test genetici che saranno a carico del servizio sanitario nazionale solo in caso di specifiche patologie genetiche o per sospetti diagnostici. Al terzo, afferiscono tutte le prestazioni diagnostiche ad “alto costo”. Si tratta delle tac e delle risonanze magnetiche, soprattutto usate in ortopedia, che dovranno essere limitate alle condizioni di erogabilità.
Stessa cosa infine per il quarto ambito ovvero gli esami di laboratorio. Ma c’è un’altra importante novità che il ministro ha annunciato questa sera: “Il decreto è stato approvato in concomitanza con l’arrivo dei risultati della commissione di esperti riunita sulla responsabilità medica, guidata dal Professor Guido Alpa, che verranno presentati alla commissione Affari Sociali della Camera dove sono già incardinati altri disegni di legge sullo stesso tema”. Se vogliamo infatti quella della responsabilità penale e civile dei medici è l’altra faccia della stessa medaglia della medicina difensiva.
L’aumento delle prescrizioni inappropriate si deve al bisogno degli operatori di doversi difendere in tribunale anche se il 90% delle cause viene archiviato. La commissione di esperti guidati da Alpa propone l’inversione dell’onere della prova. Oggi è il medico che deve dimostrare di non aver commesso un errore sanitario. La commissione invece suggerisce di differenziare fra i liberi professionisti, per i quali rimane l’onere, e gli ospedalieri per i quali invece è il paziente che deve dimostrare la colpa.
Un’ultima parte, Lorenzin l’ha infine destinata a sottolineare un altro provvedimento oggi approvato al Senato. Si tratta della legge delega Madia per la riforma della pubblica amministrazione. In essa infatti è contenuta una misura che prevede la selezione dei direttori generali delle aziende sanitarie esclusivamente in base ai curriculum. “Questa norma cambierà profondamente la sanità”, ha commentato il ministro che si è detta convinta di far uscire in questo modo la politica dalle scelte sui vertici sanitari.