Renzi in visita in Giappone: al centro del vertice l’asse Roma-Tokyo per la crescita

dal nostro inviato Fabio De Ponte

Tokyo (Giappone), 2 ago. (LaPresse) – Inizia oggi la visita del premier Matteo Renzi in Giappone. Il presidente del Consiglio, che sarà a Tokyo già stasera per incontrare la comunità italiana presso la nostra ambasciata (l’appuntamento, a porte chiuse, è alle 18.30, le 11.30 in Italia), vedrà domani il capo del governo Shinzo Abe e l’imperatore Akihito. Prima però è atteso un suo intervento alla Geidai, l’università delle Belle arti, il più antico e noto ateneo del Paese dedicato alla formazione artistica e musicale. Mentre martedì sarà a Kyoto, dove incontrerà le autorità locali e e compirà una visita della città. Renzi e Abe si sono incontrati spesso in questo ultimo anno. L’ultima occasione è stata quella del G7 di giugno in Baviera, a Schloss Elmau, dove l’unico incontro bilaterale per il capo dell’esecutivo (a parte quello col tunisino Beji Caid Essebsi, tra gli ospiti esterni del vertice), è stato proprio con il leader nipponico.

Abe ha portato lì il tema delle isole Senkaku nel Pacifico, contese tra Giappone e Cina (Senkaku è il mome giapponese, i cinesi le chiamano Diaoyu), questione che rientra in un più generale deterioramento dei rapporti tra Tokyo e Pechino. Alla radice, a preoccupare i giapponesi, è l’ascesa di una Cina che ha ormai stabilmente superato il loro Paese in quanto a influenza, anche economica, sul continente. Il che si aggiunge all’apparente fallimento della Abenomics, la politica economica espansiva lanciata da Abe nel 2013, che avrebbe dovuto rilanciare l’economia giapponese e che invece non ha dato i frutti sperati, col Pil nel 2014 in regresso dello 0,1%.

Abe è stato a Roma poco più di un anno fa. Il 6 giugno i due si sono visti a Villa Pamphilj, alla vigilia del viaggio del premier italiano proprio in Cina, concordando l’intenzione di rafforzare le relazioni bilaterali. Tra i due (nonostante il fatto che Abe sia il leader del partito liberaldemocratico, di centrodestra), proprio per le idee comuni sulla necessità di politiche per la crescita, è nato subito un feeling. “L’economia italiana dipende dalla sua leadership e la comunità internazionale sta guardando con attenzione alla sua azione” di governo, disse Abe rivolgendosi a Renzi la prima volta che si incontrarono, nel corso di un incontro bilaterale tra i due all’Aja nel marzo 2014. “Italia e Giappone possono contribuire insieme alla crescita economica”, aveva sottolineato, e Renzi aveva convenuto che proprio in questa direzione “le nostre relazioni sono assolutamente importanti e cruciali”. Riagganciare la crescita e l’occupazione si è rivelato però più difficile del previsto e ora, a un anno e mezzo di distanza, i due leader dovranno fare il tagliando alla loro alleanza per la ripresa.

Sorprendentemente, il Giappone è un Paese che ha un grado di apertura al mondo in termini commerciali (misurato come la somma di esportazioni e importazioni in rapporto al Pil) nettamente più basso dell’Italia: secondo l’ultimo rapporto Ice-Istat, l’Italia raggiunge nel 2014 il 55,2% mentre il Giappone si ferma al 30,2%. In dieci anni ha perso consistemente quote di mercato nel mondo: se nel 2005 metteva in campo il 5,7% delle esportazioni di tutto il pianeta, nel 2014 questa percentuale è scesa al 3,6%. E anche l’Italia ha seguito lo stesso destino, passando dal 3,6% al 2,8%. Perciò l’interscambio tra i due Paesi è andato calando. Per l’Italia sono aumentate le importazioni dal Giappone (da 2,6 a 2,7 miliardi all’anno) e sono diminuite le esportazioni (da 6 miliardi a 5,3), ma il saldo è rimasto attivo, con oltre 2,6 miliardi. D’altra parte, l’Italia ha drasticamente aumentato l’interscambio con la Cina, sia nel verso delle esportazioni (da 9,8 a 10,5 miliardi) che delle importazioni (da 23 a 25 miliardi), anche se il saldo, in questo caso, è negativo per oltre 14,5 miliardi di euro.