Strasburgo, 21 lug. (LaPresse) -L’Italia deve riconoscere i diritti legali degli omosessuali. Ad affermarlo è la Corte europei dei diritti dell’uomo che ha condannato l’Italia per una violazione dell’articolo 8 – il diritto al rispetto per la vita privata e familiare – della convenzione europea dei diritti umani, per il mancato riconoscimento delle unioni omossessuali.
Ecco chi ha sollevato il caso-. Il giudizio è stato emesso all’unanimità nell’ambito del caso sollevato da tre coppie omossessuali tra cui Enrico Oliari. Si tratta di tre coppie omosessuali, guidate da Enrico Oliari, presidente di Gaylib, l’associazione nazionale dei gay liberali e di centrodestra: hanno fatto ricorso a Strasburgo contro l’impossibilità di vedersi riconoscere in patria l’unione.
La sentenza-. “La corte ha considerato che la tutela legale attualmente disponibile in Italia per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”, si legge in una nota della Corte.
Secondo la Corte europea, “per le coppie omosessuali, come i ricorrenti, la soluzione più appropriata per vedere riconosciuta legalmente la propria unione sarebbe quella di un unione civile o un’unione registrata”, si legge nella nota di Strasburgo. La Corte ha sottolineato che il trend negli Stati membri del Consiglio d’Europa è quello di riconoscere legalmente le unioni omosessuali, come già avviene in 24 Stati su 47 che hanno legiferato a favore di questo riconoscimento – e ha ricordato come la stessa Corte costituzionale italiana abbia più volte invocato tale riconoscimento e protezione. Senza contare che, insiste la Corte, la maggioranza della popolazione italiana si è espressa favorevolmente in tal senso in un recente sondaggio.
La Corte, dunque, ha giudicato insufficiente o poco affidabile la protezione attualmente offerta dall’Italia alle coppie gay, dal momento che le registrazioni delle unioni effettuate laddove le autorità locali lo hanno permesso non conferiscono alle coppie alcun diritto. Quanto alla possibilità, da dicembre 2013, di stipulare ‘contratti di convivenza’, secondo la Corte essi hanno portata limitata e non hanno fornito risposta a bisogni fondamentali di una coppia, come il supporto materiale reciproco, gli obblighi di mantenimento e i diritti di successione.
Secondo la Corte, dal momento che la legge italiana ha riconosciuto le coppie omossesuali solo in alcuni casi, molto limitati, anche le questioni più elementari della vita di coppia finiscono per dover essere determinate giuridicamente. “La Corte ha dunque ritenuto che la necessità di consultare continuamente i tribunali, in particolare in un sistema sovraccarico come quello italiano, significa porre un ostacolo significativo agli sforzi dei ricorrenti a ottenere il rispetto della loro vita privata e famigliare”, scrive la Corte di Strasburgo. “Ne viene dunque un conflitto tra la realtà sociale dei richiedenti, che vivono apertamente il loro rapporto, e la legge, che non lo riconosce ufficialmente”.
“A parere della Corte, l’obbligo di fornire riconoscimento e protezione alle coppie omosessuali non rappresenterebbe un onere particolare per lo Stato italiano”, si legge ancora nel giudizio. “Concludendo che non vi era alcun interesse generale prevalente rispetto al quale bilanciare l’interesse dei ricorrenti, la Corte ha rilevato che l’Italia è venuta meno agli obblighi di assicurare che i ricorrenti avessero a disposizione un quadro giuridico che prevedesse la tutela e il riconoscimento della loro unione. Per tale motivo, vi è stata violazione dell’articolo 8 della convenzione dei diritti umani”.

