Di Paola Benedetta Manca

Roma, 9 lug. (LaPresse) – Carlo Galli, modenese, è deputato del Pd e professore di Storia delle Dottrine politiche all’Università di Bologna. E’ anche uno dei cinque deputati del Pd che ha votato contro la riforma della scuola del Governo Renzi, appena diventata legge.

Galli ha spiegato a LaPresse quali sono i motivi che l’hanno spinto a votare contro la riforma, in disaccordo con il suo partito.

D- Lei ha votato contro la riforma della scuola del Governo, perchè? R- Sì lo confesso. E’ così. Ci sono due ragioni, una di metodo e l’altra di merito che un intellettuale come me non può non considerare.

D- Partiamo dalle ragioni di merito.

R- Innanzitutto la forte discrezionalità attribuita al dirigente scolastico. Questa non è una riforma della scuola, non si è mai parlato di contenuti. E’ una legge nata da una cultura politica che è fondata sul verticismo, il liberismo e l’aziendalismo. Parte dal presupposto che, se c’è qualcosa che non va, basta aumentare i poteri del capo: una sorta di decisionismo di ‘noantri’.

D- Quali sono gli altri punti critici? R- La riforma introduce una forma di finanziamento surrettizio da parte dei privati nella scuola pubblica e stabilisce dei finanziamenti per la scuola secondaria paritaria. Le scuole pubbliche, così, potranno vivere dei generosi aiuti di padri e madri degli alunni. Va da sé che si introduce in questo modo una disuguaglianza tra gli studenti che va contro i principi democratici della nostra Repubblica.

D- Verranno assunti però i docenti precari…

R- Sì, ma anche in questo ci sarà un’azione discriminatoria perché, su 150.000, avranno il posto solo 100.000 mentre gli altri dovranno andare a concorso. E’ incomprensibile.

D- Cosa pensa dell’introduzione con la riforma, di nuovi criteri di valutazione? R- E’ un’altra cosa sbagliata della legge. Tutto ruota sulla valutazione. Si vuole introdurre un criterio che c’è già nelle università. La differenziazione degli atenei crea problemi, ma che venga fatta anche tra licei è violento e insensato.

D- Prima parlava di ragioni legate al metodo con cui è stata approvata la riforma. Quali sono? R- La legge non è stata discussa in Senato. E’ stata posta la fiducia senza neanche dare la parola ai senatori. Il Governo aveva anche promesso una giornata nazionale di ascolto sulla scuola ma non si è mai tenuta.

D- Ritiene quindi che il Governo non abbia ascoltato abbastanza il mondo della scuola? R- E’ proprio così. C’è un dissenso pressoché unanime del mondo della scuola su questa legge: qualcosa vorrà dire. Non si legifera contro la scuola, ma lo si è appena fatto.

D- Lei è del Pd ma ha votato in modo contrario a quanto deciso dal suo partito e dal premier che ne è segretario nazionale. Non pensa che avrebbe dovuto votare in accordo con i suoi colleghi? R- Il partito deve dare spazio a tutte le componenti e a tutte le culture. Non ci si può appellare alla disciplina di partito senza partito. Ci vuole, infine, libertà di discussione che, al momento, invece non c’è.

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