Roma, 8 apr. (LaPresse) – L’Italicum 2.0 riprende oggi alle 14 il suo cammino alla Camera in terza lettura, e in commissione Affari Costituzionali già si preannuncia un duro braccio di ferro. Matteo Renzi ha blindato il testo uscito dal Senato con un voto in direzione quasi unanime (assente la minoranza del partito che non ha votato) che ha di fatto annullato la possibilità di apportare modifiche alla riforma della legge elettorale, ma in commissione a Montecitorio lo scenario sarà diverso: la minoranza Dem è di fatto in maggioranza, superando per un deputato la metà dei democratici. La squadra di Bersani infatti è composta da 12 membri su 23: Roberta Agostini, Pierluigi Bersani, Rosy Bindi, Gianni Cuperlo, Alfredo D’Attorre, Marilena Fabbri, Andrea Giorgis, Enzo Lattuca, Giuseppe Lauricella, Marco Meloni, Barbara Pollastrini, Alessandro Naccarato.
Gli 11 renziani invece vedono: i fedelissimi Emanuele Fiano ed Ettore Rosato, Daniela Gasparini,Mauro Di Maio, Luigi Famiglietti. Alan Ferrari, Gennaro Migliore, Teresa Piccione, Matteo Richetti, Francesco Sanna e Maria Gallo. La coalizione dei dissidenti inoltre potrebbe rafforzarsi grazie all’apporto delle opposizione, che, notoriamente, non gradiscono il frutto del Patto del Nazareno. E sono 2 della Lega Nord, 7 M5S, 2 di Sel, uno di Fratelli d’Italia e forse i 5 di Forza Italia. Nel partito azzurro, quello che ha raccolto i cocci del patto tra Berlusconi e Renzi, ci potrebbe essere infatti qualche defezione. Fittiani a parte, si parla del presidente della commissione Francesco Paolo Sisto e Maurizio Bianconi, ci sono anche le berlusconiane Elena Centemero e Maria Stella Gelmini, e Laura Ravetto. Quest’ultima è tra le firmatarie del famoso documento dei cosiddetti verdiani, l’altra ala di Fi, quella non contraria alle riforme di Renzi, tanto da non giudicarle “mostruose”. Conti alla mano il risultato sarebbe 29 per minoranza più opposizioni, contro i 21 della maggioranza di governo. Un vero e proprio rischio sulla strada della riforma che il premier e segretario del Pd vorrebbe portare a casa a maggio.
Già da giorni si rincorrono voci su trattative in corso, smentite dallo stesso Lorenzo Guerini, come per esempio l’offerta del 30% dei posti di capilista in cambio del sì alla riforma così com’è. Benché Bersani abbia invitato il segretario a trovare la sintesi, mostrando la disponibilità della minoranza a ridurre le richieste di modifica, Renzi non vuole tornare in Senato per la quarta lettura. Sulla strada del premier due possibilità: dimissioni/sostituzioni in Affari costituzionali oppure saltare l’esame del provvedimento in commissione, farlo approdare in aula senza mandato al relatore e poi mettere la fiducia. Come accaduto, del resto, anche in Senato.
© Copyright LaPresse - Riproduzione Riservata