Roma, 27 gen. (LaPresse) – “E due. Legge elettorale approvata anche al Senato. Il coraggio paga, le riforme vanno avanti. #lavoltabuona”. Matteo Renzi affida al consueto cinguettio la soddisfazione per l’approvazione dell’Italicum 2.0 a palazzo Madama. I numeri parlano chiaro: con 184 sì, 66 voti contrari e 2 astenuti la riforma della legge elettorale, che dovrà tornare alla Camera, fa un deciso passo in avanti.

Il Governo gioisce per i punti da sempre considerati chiave: certezza del risultato e governabilità (grazie al premio di maggioranza che porta in dote 340 seggi su 630 concesso al partito, e non più alla coalizione, che supera il 40 per cento dei voti, o al turno di ballottaggio tra i due più votati se nessuno raggiunge la soglia necessaria); garanzia di rappresentanza (per ottenere un seggio bisognerà aver superato al primo turno la soglia minima e ridotta rispetto al testo uscito dalla Camera del 3% dei voti); possibilità di scelta da parte dei cittadini (nei 100 collegi ogni partito presenta una lista di 6-7 nomi: il capolista è bloccato, mentre gli altri candidati vengono eletti attraverso le preferenze); rappresentanza di genere (delle due preferenze possibili, la seconda deve essere di genere diverso dalla prima, con le liste compilate alternando un candidato a una candidata).

I “passi in avanti” fatti in Senato, però, non sono stati sufficienti a convincere la minoranza dem. Tabulati alla mano, sono 24 i componenti della minoranza dem che non partecipano al voto, guidati da Miguel Gotor, Vannino Chiti e Lucrezia Ricchiuti, mentre alla maggioranza arriva il ‘soccorso’ di Forza Italia (pur con le defezioni di 13 senatori azzurri e di sei esponenti di Gal che escono dall’aula). L’accusa delle opposizioni è netta. La maggioranza è cambiata, adesso è il partito di Silvio Berlusconi a sostenere Renzi.

La smentita arriva a stretto giro di posta da Maria Elena Boschi: “Il contributo di FI e delle opposizioni è stato importante sin dall’inizio – spiega la ministra per le riforme – È stata una scelta politica chiara, quella di non imporre una legge elettorale a maggioranza, ma anche il voto di oggi dimostra che la maggioranza è autosufficiente”. I numeri danno ragione al Governo. Su 184 sì (uno in realtà è di un senatore leghista che si è sbagliato) 47 vengono da Fi e 7 Gal. Sono quindi 129 i voti favorevoli ascrivibili alle forze politiche appartenenti alla coalizione di Governo, due in più dei 127 necessari per ottenere la maggioranza oggi in Senato, con la quota dei votanti ferma a 252.

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