di Donatella Di Nitto
Roma, 14 gen. (LaPresse) – Chi sarà il successore del Napolitano Bis? E soprattutto l’elezione in Parlamento, convocato in seduta comune, sarà lunga ed estenuante come quelle che hanno portato all’elezione di Giuseppe Saragat e Giovanni Leone o lampo come quel le di Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi? Tutto dipenderà dagli accordi tra i partiti, accordi che ancora non ci sono. Le prossime infatti saranno ore decisive con una girandola di incontri con l’obiettivo di far convergere su un solo nome più parlamentari possibili. Come accadde appunto per Cossiga e Ciampi entrambi eletti al primo scrutinio. Il presidente ‘picconatore’, nel 1985, raccolse il 75,4% delle preferenze (752 voti su 997) grazie all’accordo trovato, tra i corridoi del Parlamento, tra Dc e Pci. La candidatura di Ciampi, invece, venne avanza nel 1999 da un vasto schieramento parlamentare e in particolare dall’allora presidente del Consiglio, Massimo D’Alema. Walter Veltroni si occupò delle trattative, ottenendo il benestare dell’opposizione di centro-destra, anche se Ciampi, che non era iscritto ad alcun partito, era molto vi cino all’Ulivo. L’ex governatore della Banca d’Ital ia fu proclamato quindi decimo presidente della Repubblica con il 71,4% delle preferenze (707 voti su 990).
L’elezione più lunga e difficile nella storia della Repubblica fu invece quella di Giovanni Leone nel 1971. Ben 23 scrutini che prolungarono i lavori parlamentari per quasi 25 giorni. Per Leone furono determinanti i voti del Movimento sociale italiano. Nei primi scrutini, il candidato ufficiale della Dc era stato il presidente del Senato, Amintore Fanfani, che si ritirò dopo a causa dell’azione dei cosiddetti ‘franchi tiratori’ del suo stesso partito, lasciando il passo a Leone. Il giurista napoletano detiene anche un altro primato negativo: è stato il presidente che ottenne il minor numero di consensi: 52% (518 voti su 995).
Anche per il socialista Giuseppe Saragat ci vollero 21 votazioni e fu eletto con il 68,9% dei consensi (646 voti su 937). Il capo dello Stato che ottenne invece più voti fu Sandro Pertini, con l’83 ,6% delle preferenze, ossia 832 voti su 995, anche se ci furono numerosi scrutini, ben 16. L’elezione di Giorgio Napolitano fu breve: 4 scrutini in tutto, anch e se la soglia dei consensi fu bassa: 54,8 preferenze (543 voti su 990). Per il suo secondo mandato Napolitano raccoglie 738 e conquista quindi un altro primato q uello del presidente che ancora in carica viene rie letto. Un bis storico arrivato dopo giorni di empasse a Montecitorio, dove l’assemblea non era riuscita a raccordarsi prima sul nome di Franco Marini, partorito dall’accordo tra Pier Luigi Bersani e Silvio Berlusconi, e poi su quello di Romano Prodi, nome che aveva mandato in frantumi quell’accordo trasversale tra Pd e Pdl.
Oltre all’aspetto politico, l’elezione del presidente della Repubblica italiana è tecnicamente lunga e complicata. A Montecitorio si riuniranno, infatti, sulla carta 1.009 onorevoli, compresi i tre delegati per ogni Regione eletti dal proprio Consiglio regionale, un delegato della Valle D’Aosta e i sei senatori a vita (Mario Monti, Giorgio Napolitano, Elena Cattaneo, Renzo Piano, Carlo Rubbia e Carlo Azeglio Ciampi, anche se da tempo quest’ultimo non partecipa ai lavori di Palazzo Madama, ndr). L’elezione avverrà per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell’assemblea (maggioranza qualificata), mentre per le successive votazioni sarà sufficiente la maggioranza assoluta. Ancora non è stato deciso però se si avrà più di una votazione al giorno.
Sarà la riunione della conferenza dei capigruppo di Camera e Senato di oggi a stabilire se l’aula di Montecitorio si riunirà anche di pomeriggio per le votazione e se lavorerà anche nei giorni festivi. Quindi anche di sabato e domenica.