L’INTERVISTA Fassino: Dopo il Muro io e Napolitano da Brandt. Lui: Vi aspettavo da anni

Di Chiara Battaglia

Torino, 9 nov. (LaPresse) – Il 9 novembre del 1989 Piero Fassino assistette alla caduta del Muro di Berlino in tv dalla sede del Pci a Botteghe Oscure. A 25 anni di distanza, in un’intervista a LaPresse, l’allora membro della segreteria del Pci ricorda che, anche all’interno del partito, ‘era generale la percezione e la consapevolezza che una fase della storia era finita e si apriva una fase del tutto nuova’, che avrebbe poi portato alla nascita del Partito democratico della sinistra (Pds). Dal 1996 al 1998, poi, Fassino fu sottosegretario agli Esteri, e si occupò proprio di preparare l’allargamento dell’Ue all’Europa centrale e orientale, tutta una parte di mondo che prima della caduta del muro era isolata nel blocco orientale. Ma l’aneddoto che l’attuale sindaco di Torino ricorda come segno del cambio dei tempi, fu l’incontro a Brema con Willy Brandt dopo che il Pds aveva chiesto di aderire all’Internazionale socialista. ‘Andammo io, Napolitano e Gian Giacomo Migone’, Brandt ‘ci accolse con le braccia spalancate e, con un sorriso luminoso com’era lui, ci disse: ‘Era tanto tempo che vi stavo aspettando’ ‘, racconta Fassino. Willy Brandt fu il fautore di quella Ostpolitik di apertura alla Ddr che gli valse il Nobel per la Pace nel 1971.

RICORDA COSA STAVA FACENDO LA SERA DELLA CADUTA DEL MURO DI BERLINO E COSA PENSÒ? ‘Mi ricordo benissimo, ero nel mio ufficio a Botteghe Oscure, con il televisore acceso perché ormai da giorni e giorni venivano notizie da Berlino di imminenti cambiamenti, quindi il televisore era sempre acceso in attesa. Ricordo le immagini che sono rimaste negli occhi di tutti noi. La prima lastra di cemento pressato del muro che viene divelta e cade, le altre lastre che vengono tolte. La folla festante, giovani che salgono sulle lastre ancora in piedi e le divelgono. La sensazione era che stava avvenendo l’evento che cambiava la storia. E di fatto ha cambiato la storia della Germania, la storia dell’Europa, la storia di intere nazioni e del mondo. Uno di quei fatti che segnano la vita di miliardi di persone e del mondo intero’.

CHE RUOLO RICOPRIVA IN QUEL PERIODO? ‘In quel periodo ero nella segreteria del Pci e da mesi e mesi eravamo in contatto con i vari movimenti che maturavano nell’est europeo. Seguivamo quella evoluzione, che peraltro confermava quello che il Pci aveva sempre detto, e cioè che i regimi comunisti opprimendo le libertà dei cittadini avrebbero prima o poi consumato la loro ragione di essere e sarebbero caduti. Stava avvenendo quello che il Pci diceva da anni, quello che aveva detto Berlinguer alcuni anni prima, quando aveva affermato che la democrazia è un valore universale, che non c’è nessuna ragione ideologica, politica o di partito che la può soffocare e la può comprimere. Assistevamo a fatti che davano ragione alla posizione politica che via via il Pci era andato assumendo. Guardati come eretici dagli altri partiti comunisti ma la storia ci dava ragione. E traemmo da lì la convinzione che non solo quello che stava avvenendo confermava la traiettoria di autonomia, indipendenza, di evoluzione culturale e politica che il Pci da Berlinguer in poi aveva intrapreso, ma che era necessario portarla alle sue logiche conclusioni fondando un nuovo partito, che fu il Partito democratico della sinistra (Pds), che nacque esattamente sull’onda della caduta del Muro di Berlino’.

EBBE QUALCHE TELEFONATA PARTICOLARE CON QUALCHE MEMBRO DEL PCI? ‘In quei giorni era un continuo commentare quello che stava avvenendo, confrontare le sensazioni, le emozioni e le letture che ciascuno di noi dava. Era generale la percezione e la consapevolezza che una fase della storia era finita e si apriva una fase del tutto nuova. C’era chi guardava a questo come la mia generazione, di dirigenti più giovani, con speranza come la grande occasione per aprire una fase nuova dell’Europa e c’era anche chi di generazioni precedenti guardava tutto questo con timore oppure con nostalgia. Però in ogni caso, quale che fosse il sentimento di ciascuno, tutti avevamo percezione e consapevolezza che nulla sarebbe stato come prima e si entrava in una fase del tutto nuova della storia’.

C’È UN ANEDDOTO CHE LA COLPI’? UNA DI QUELLE PICCOLE COSE CHE FANNO RIFLETTERE SU COME È CAMBIATA LA SITUAZIONE? ‘Quando nacque il Pds sull’onda della caduta del Muro di Berlino, io assunsi l’incarico di responsabile internazionale del nuovo Pds e il primo atto che compimmo fu presentare la domanda di adesione all’Internazionale socialista. Poche settimane dopo questa nostra richiesta Willy Brandt, capo della socialdemocrazia tedesca, il grande capo della Ostpolitik, fissò un appuntamento a Brema e andammo io, Napolitano e Gian Giacomo Migone, che è stato poi presidente della commissione esteri per molti anni. Andammo a Brema perché lì si stava svolgendo il Congresso della Spd. Willy Brandt ci accolse con le braccia spalancate e, con un sorriso luminoso com’era lui, ci disse: ‘Era tanto tempo che vi stavo aspettando’. Fu emozionante che questo grande capo della socialdemocrazia della Germania ci accogliesse in quel modo affettuoso e aperto. Era un gesto che mostrava come l’Europa si stava unificando’.

POI FU SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI DAL ’96 AL ’98, RICORDA QUALCOSA DI LEGATO ALLA GERMANIA E ALLA CADUTA DEL MURO? ‘Assolutamente sì. Al ministero degli Esteri io avevo la responsabilità di tutte le tematiche europee, sia quelle legate all’Unione sia quelle dei rapporti bilaterali fra l’Italia e i Paesi europei. In quella stagione l’Italia fu uno dei protagonisti della preparazione dell’allargamento dell’Unione europea. Io promossi e sviluppai la post-politik italiana: una vera e propria politica nei confronti di Paesi dell’Europa centrale e orientale, in cui l’Italia aveva grandi interessi per le relazioni di mercato, culturali, storiche. Furono anni in cui io vivevo quotidianamente in quei Paesi e per l’Italia seguivo tutto il dossier dell’allargamento della Nato e dell’Ue, la promozione delle relazioni fra l’Italia e quei Paesi, lo sviluppo della presenza delle nostre imprese in quei mercati che si aprivano all’economia di mercato. È stata per me una stagione di straordinaria e intensa attività anche in quei Paesi. Ancora adesso io ho mantenuto tantissime relazioni con gli uomini politici e di governo di quel tempo in quei Paesi’.

PER ESEMPIO CON CHI? ‘Per esempio relazioni con Aleksander Kwasniewski che è stato il primo presidente della Polonia democratica, ho conosciuto tutti i ministri degli Esteri e primi ministri dell’Europa centrale e orientale di quel periodo, frequentandoli e incontrandoli. Avevo ottimi rapporti con Bronislaw Geremek, che era leader di Solidarnosc insieme a Lech Walesa. E anche con i dirigenti russi che caratterizzavano la nuova Russia post comunista, per esempio il sindaco di Leningrado che era in quel momento uno degli astri emergenti della nuova Russia’.

COS’È CAMBIATO DAL 1989 A OGGI SECONDO LEI? ‘La caduta del muro ha segnato uno spartiacque. C’è stato un tempo della storia del mondo e dell’Europa dal 1945 al 1989 e poi si è aperto un tempo del tutto nuovo. Il crollo del muro ha cambiato la storia della Germania, che ha trovato la sua riunificazione dopo 50 anni di divisione e lacerazione. Ha cambiato la storia dell’Europa perché nel giro di pochi anni la caduta del Muro di Berlino ha consentito all’Unione europea di diventare la casa comune di tutti gli europei davvero e non essere solo la casa comune di chi stava da una parte del muro. Allargandosi a tutti i Paesi dell’Europa centrale e orientale l’Ue è diventata davvero il luogo dell’unità di tutti i popoli della storia d’Europa. È cambiata la storia di intere nazioni: si è dissolta l’Unione sovietica, sono nati nuovi Stati indipendenti, dai Paesi Baltici a quelli del Caucaso ai Paesi dell’Asia centrale, l’Ucraina, la Bielorussia. È cambiata la storia del mondo perché è finita l’epoca bipolare, cioè quella che dava le sorti del mondo al rapporto o di conflitto o di negoziato fra due superpotenze, Stati Uniti e Unione sovietica. Si è affermato un mondo nuovo, multipolare, che sta crescendo via via: basti solo pensare a come sono venuti affermandosi sulla scena i nuovi Paesi emergenti, dalla Cina all’India al Brasile e tanti altri’.