Di Salvo Cataldo
Palermo, 29 ott. (LaPresse) – Affrontare Sala d’Ercole con in tasca il lasciapassare del nuovo governo appena confezionato. Le mozioni di sfiducia presentate dal centrodestra e dal Movimento 5 stelle fanno meno paura, adesso, al presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta. I malumori di una parte della sua maggioranza sono stati sedati dal rimpasto: i cuperliani del Partito democratico hanno sotterrato l’ascia di guerra e anche se Articolo 4, pilastro importante su cui si basa il Crocetta-ter, si è spaccato proprio sulla mancata nomina del secondo assessore dopo Nino Caleca, appare difficile che i ribelli del movimento fondato da Lino Leanza possano votare favorevolmente a una sfiducia che manderebbe a casa non solo il governatore ma l’intero Parlamento regionale.
E così quota 46, la maggioranza assoluta dei 90 deputati che compongono Sala d’Ercole, soglia minima prevista dallo Statuto per l’approvazione della mozione di sfiducia, appare più lontana di quanto lo fosse soltanto una settimana fa.
Escluso il rischio di ‘franchi tiratori’: il regolamento interno dell’Assemblea prevede il voto per appello nominale. Nessuno, quindi, tra i corridoi di Palazzo dei Normanni, è disposto a scommettere sull’approvazione di uno dei due documenti che sfiduciano Crocetta. I mal di pancia restano, anche nell’alleato Udc, ma alla fine tutta la coalizione dovrebbe allinearsi nella difesa del presidente della Regione, che comunque ha rinviato la presentazione della nuova squadra di governo “per rispetto del dibattito parlamentare che si svolgerà domani pomeriggio”. Un dibattito che rischia di essere fine a se stesso, con un’Ars che potrebbe ritrovarsi a discutere per ore di una sfiducia che difficilmente taglierà il traguardo.