Roma, 7 ott. (LaPresse) – Poco prima che Roberto Calderoli suonasse la campanella, rinviando a domani la seduta sul Jobs Act per mancanza del numero legale, dai banchi del Senato stava per levarsi un applauso, frenato in tempo dal padre del Porcellum che ha richiamato i senatori al senso delle istituzioni, sottolineando che lo stallo dovuto all’ostruzionismo è segno di uno stato di sofferenza del Parlamento e non motivo di gioia. L’esame del decreto legislativo sul lavoro slitta dunque alle 9.30 di domani.
In Senato assenze ‘giustificate’ perché la mossa del governo di porre la questione di fiducia sul Jobs Act “non è piaciuta, nè dentro nè fuori la maggioranza”. A non votare nell’aula di Palazzo Madama questa mattina non solo le opposizioni come M5S e Sel ma gli stessi dissidenti del Pd e una parte di Ncd, appunto assenti, tanto da far rilevare, secondo quanto si apprende, che la stessa maggioranza non aveva i numeri sufficienti per la verifica delle presenze necessarie.
Senza numero legale non è stato possibile aprire ufficialmente la seduta e avviare la discussione generale, non essendo stato approvato il verbale della seduta precedente. Una mossa che sa quasi di ostruzionismo, unico strumento per bloccare la riforma del mercato del Lavoro su cui ieri il governo ha ricevuto il via libera del Consiglio dei ministri, per approvarla appunto sulla fiducia.
Alla defezione della maggioranza si aggiunge anche Forza Italia che non ha partecipato al voto. Ecco allora che il Jobs Act si arena in Senato nel giorno in cui il premier Matteo Renzi vede le parti sociali e a 24 ore dal Consiglio europeo che si terrà a Milano, appunto domani mattina. Il governo contava infatti di porre la fiducia sul Jobs Act oggi e incassarla domani stesso in mattinata.
A far saltare i piani M5S e Sel, con l’ausilio di quei dissidenti in seno al Nazareno, degli scontenti in Ncd e del mancato appoggio del partito di Silvio Berlusconi. Una mossa ben architettata, riferiscono i ben informati, perché in questo caso l’ostruzionismo impedisce l’inizio dei lavori e quindi il proseguimento della discussione generale sulla delega.
Se l’ostruzionismo fosse stato innescato nel corso del dibattito il presidente del Senato avrebbe potuto utilizzare la cosiddetta tagliola, interrompendo gli interventi e dando al governo la possibilità porre la fiducia.
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