Roma, 2 ott. (LaPresse) – E’ la sedicesima fumata nera per l’elezione dei giudici della Corte Costituzionale. Secondo quanto si apprende, quella che doveva essere infatti la votazione decisiva si è poi trasformata, nella notte, in una situazione più complicata del previsto. L’accordo politico sui due candidati che devono andare a ricoprire le caselle vacanti alla Consulta non c’è, un accordo mancato che ha inesorabilmente aperto tre fronde di dissenso nei gruppi politici. Il primo quello in seno a Forza Italia. Sono infatti molti i parlamentari che non hanno votato Ignazio Francesco Caramazza, candidato dell’ultima ora del partito di Silvio Berlusconi. Alcuni senatori e deputati di Fi, infatti, non condividono la scelta del partito di sostituire Donato Bruno, mentre il Pd ha confermato Luciano Violante. Il cambio di cavallo, riferiscono, doveva arrivare da entrambi gli schieramenti e convergere verso due nomi autorevoli ma non politici.
Il secondo arriva, invece proprio dal Partito democratico, ma qui la faccenda sembra ancora più complessa. Nel partito del Nazareno infatti ci sarebbe uno schieramento che non ha votato Violante perché crede che sia giunto il momento di cambiare, l’altra invece ha sostenuto la conferma della candidatura per ‘bruciare’ l’ex presidente della Camera, candidatura fortemente sponsorizzata dallo stesso Quirinale. Ultima fronda è quella rappresentata dalla Lega Nord. Il cambio di cavallo annunciato da Fi ieri sera, a quanto riferiscono i leghisti, non è stato condiviso con il Carroccio.
Molti leghisti infatti nella votazione appena conclusa ha deciso di annullare la scheda scrivendo ‘Caraminchia’ o consegnare nel segreto dell’urna scheda bianca. Per essere eletto giudice della Consulta bisogna raggiungere un quorum di 570 preferenze, tetto che con lo scrutinio ancora in corso, con solo 804 votanti, meno di quanti avevano partecipato alle scorse votazioni, non è stato raggiunto.