Di Giuseppe G. Colombo
Roma, 18 set. (LaPresse) – La commissione Lavoro del Senato ha dato il via libera al Jobs act, accogliendo anche l’emendamento del Governo che prevede, tra gli altri punti, il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. La delega sul lavoro approderà tra martedì e mercoledì nell’emiciclo di Palazzo Madama, ma sul suo iter parlamentare pesa la spada di Damocle delle frizioni interne al Partito democratico. Gli otto componenti dem dell’undicesima commissione del Senato hanno votato tutti a favore della delega, ma le tensioni sono esplose ai massimi livelli del partito. A iniziare dalle dichiarazioni dell’ex numero uno del Nazareno, Pier Luigi Bersani, che ha bollato come “surreali” le intenzioni del Governo.
Nel mirino di Bersani lo stop alla possibilità di reintegro per il lavoratore in caso di licenziamento senza giusta causa e il superamento, di fatto, delle tutele previste dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Per l’ex leader del Pd, il Governo “deve chiarire quali sono i contenuti precisi perché l’emendamento che è stato presentato, sulla carta, lascia aperta qualsiasi interpretazione” e “in alcuni casi si descrive un’Italia come vista da Marte”. Arriva via Twitter anche la stoccata del presidente del partito, Matteo Orfini. “I titoli del job act – scrive in un tweet – sono condivisibilil, lo svolgimento meno: ne discuteremo in direzione, ma servono correzioni importanti al testo”. La minoranza del Pd, quindi, sulle barricate contro la possibilità di un superamento della tutela dell’articolo 18 per i neo assunti, prevista di fatto nella disposizione del contratto a tempo indeterminato che prevede tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio.
Gianni Cuperlo, leader di Sinistradem, dichiara che “sarebbe saggio cancellare la caricatura degli innovatori da una parte e dei Flintstones dall’altra.” “Se gli innovatori sono la destra – sottolinea – che pensa di uscire dalla crisi riducendo i diritti e la dignità di chi lavora io penso sia giusto stare dall’altra parte”. “Se invece – aggiunge – l’innovazione è mettere al centro l’estensione di quei diritti anche a chi ne è privo si apre non un sentiero ma un’autostrada”. L’area dalemiana interviene nel dibattito con Massimo Paolucci, vicepresidente degli eurodeputati del Pd, che afferma che “solo un marziano sarebbe giustificato nel sostenere la tesi secondo la quale l’Italia vive la crisi economica più drammatica dal dopoguerra per colpa delle norme che regolano il mercato del lavoro: il Governo deve fare chiarezza prima della votazione sulla delega”.
Superato il primo step del voto in commissione, il Jobs act approderà la prossima settimana nell’aula del Senato: il via libera dovrebbe avvenire senza particolari fibrillazioni per l’esecutivo, ma i pericoli maggiori per il disegno del Governo si annidano in commissione Lavoro alla Camera, dove molti componenti del Pd sono espressione della minoranza e quindi sono su una posizione critica rispetto all’impianto del provvedimento nella versione attuale. Il voto in commissione di oggi ha visto un Pd compatto, mentre Forza Italia ha deciso di astenersi. Protesta, invece, del Movimento 5 Stelle e di Sel, che hanno deciso di abbandonare i lavori della commissione prima del voto. “Questa è una delega in bianco, una delega del ‘ghe pensi mi’”, ha detto la senatrice del Movimento 5 Stelle, Sara Paglini. “Abbandoniamo la commissione perchè non c’è una discussione vera, non si sono coinvolte le parti sociali”, ha aggiunto il senatore di Sel Giovanni Barozzino. “Invitiamo il Governo – ha proseguito – a fare una discussione vera, nel merito”.
“Se queste commissioni non devono avere nessuna valenza, lo dicano: è una farsa, una mancanza di rispetto, che facciano il decreto”, ha dichiarato la senatrice del Movimento 5 Stelle Nunzia Catalfo. Intanto prosegue il dibattito intorno all’articolo 18 e al suo peso nel mercato del lavoro italiano: per la Confederazione libere associazioni artigiane italiane (Claai) “l’articolo 18 non costituisce la priorità degli interventi da mettere in campo per dare un nuovo assetto al mercato del lavoro”. “Il Governo – dichiara il segretario generale, Marco Accornero – punti a ridurre il cuneo fiscale che grava sulle imprese e a favorire i contratti aziendali in deroga a quelli nazionali”. “Gli artigiani in Italia – spiega lo stesso Accornero – sono 2,5 milioni e il 95% non gode delle tutele previste dall’articolo 18”. Per la Cgia di Mestre “sono poche le aziende sottoposte alla disciplina all’articolo 18, ma oltre la metà dei lavoratori dipendenti italiani del settore privato è tutelata da questo istituto”.

