Roma, 29 apr. (LaPresse) – “Non è un’operazione propagandistica, ma un’operazione vera”. Così il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti, Marco Minniti, ha commentato in una video chat di Repubblica la decisione di desecretare gli atti relativi alle stragi in Italia. “Ci sono persone – ha detto Minniti – che hanno speso la vita per poter guardare quelle carte. Una democrazia seria può sopportare tutto ciò?”. Secondo il sottosegretario “è giusto ed è doveroso che l’Italia abbia una ricostruzione storica di quello che è avvenuto. Chiunque potrà valutare queste carte. Tutto questo consente di avere una memoria comune”.
Sulle stragi che hanno insanguinato l’Italia, ha precisato, “non togliamo un segreto di Stato, che non c’era. C’era invece una secretazione degli atti, atti classificati. Questa documentazione era conservata negli archivi della pubblica amministrazione” e ora “saranno fruibili a tutti”. Il trasferimento all’archivio di Stato dà la possibilità di “confrontare più punti di vista. E’ importante che più persone possano leggere lo steso testo”. “La declassificazione – ha aggiunto Minniti – è avvenuta già in passato per gli atti sull’omicidio di Aldo Moro e da quegli atti fior fiore di studiosi hanno scritto libri molto importanti sull’argomento”.
Il sottosegretario ha spiegato che “sarà una mole molto grande di documenti. Le carte arriverranno all’archivio di Stato, che è aperto a tutti. Formeremo una commissione ad hoc per fare questo trasferimento”. “Ogni carta, foglio per foglio – ha detto Minniti – andrà valutato. Perché bisogna omissare i nomi che possono essere danneggiati o messi in pericolo da questa operazione”. Si partirà dal ’69 in ordine temporale, “affrontiamo Piazza Fontana? Quando è chiuso questo capitolo lo trasferiamo all’archivio di Stato”, ha spiegato ancora Minniti.
Ma perchè quest’operazione non si è fatta prima, ad esempio ai tempi di D’Alema? Alla domanda il sottosegretario ha risposto che “il limite è 40 anni, arrivare a 25 anni era troppo presto. Già l’abbiamo fatto molto prima, a 30 anni”.
Minniti ha detto di non pensare che ci sia “un archivio segreto dei carabinieri” e ha perorato “un’idea moderna dei servizi segreti. Andiamo nelle università per spiegare cosa sono i servizi, per chiedere agli studenti i loro curricula”. Lavorare per i servizi segreti, ha concluso, “non vuol dire essere brutti, sporchi e cattivi. I servizi segreti di oggi sono per difendere la democrazia”.
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