Roma, 25 apr. (LaPresse) – “La data del 25 aprile per noi italiani ha una valenza straordinaria. Sessantanove anni or sono veniva portato a termine il processo di Liberazione, uno dei cimenti più ardui del nostro popolo. L’Italia, gli italiani non sono nati il 25 aprile 1945, quel giorno però nasceva un’Italia nuova, che aveva saputo ritrovare la sua identità nel momento di più alto smarrimento, pur pagando un prezzo altissimo”. Così la ministra della Difesa Roberta Pinotti nel corso dell’incontro alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale, con gli esponenti delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma, in occasione delle celebrazioni per il 25 aprile, 69° anniversario della Liberazione. “Fu nel momento più buio della notte – ha aggiunto – che gli italiani seppero trovare la strada del risorgimento, ritrovando l’unità”.

“Ma la lotta di Liberazione – ha aggiunto Pinotti – fu soprattutto un conflitto fra i più aspri; non dobbiamo e non vogliamo dimenticarlo. I nostri militari, per primi, pagarono un prezzo altissimo. Lo smarrimento e l’incertezza furono brevi, subito superati dalla fedeltà alla propria Patria e dalla rinnovata volontà di tenere alto l’onore militare. Non furono mai, Signor Presidente, scelte facili. Durissimo fu il travaglio interiore, come le condizioni materiali nelle quali i nostri militari vivevano e combattevano”. “A sorreggerli – ha sottolineato la ministra – nei momenti più estremi, fu l’intransigente scelta di difendere la propria dignità, e la dignità dell’Italia. Il brutale ricatto della violenza e della fame non poté piegare i militari italiani internati nei campi di concentramento”.

“La certezza di un destino tragico – ha ricordato – non fermò la volontà di combattere, a Kos, l’isola greca che fu teatro di una tragedia efferata eppure da pochi ricordata. Giusto oggi tributare il nostro ricordo commosso anche ai 103 ufficiali del 10° Reggimento Fanteria ‘Regina’ uccisi il 5 ottobre 1943. Questa certezza di un destino tragico non ha fermato neppure i combattenti di Cefalonia e di Porta San. Paolo né fece venir meno al giuramento prestato i Marinai del Roma. Contro ogni immaginazione, le Forze armate si alzarono nuovamente in piedi e cominciarono a marciare per riconquistare ciò che sembrava definitivamente perso”. “Molti – ha sottolineato Pinotti – furono anche i militari che unirono le loro forze ai Partigiani che combattevano per la libertà, consapevoli tutti del supremo dovere di difendere la Patria”.

“Le Associazioni combattentistiche, partigiane e d’Arma che oggi salutiamo sono il nostro legame diretto con quelle donne e quegli uomini che si spinsero oltre; si elevarono al di sopra; presero in mano il loro destino per dare ai loro figli un nuovo futuro; per darlo a noi. Guai – ha aggiunto – a pensare a loro come semplici custodi di rituali dei quali abbiamo perduto il significato originario. Sono, al contrario, una realtà vivissima perché animata da quegli stessi ideali, da quei valori che hanno fatto riconquistare a noi Italiani il posto che meritiamo nella Storia; quegli ideali e quei valori che celebriamo oggi”. Il ministro ha anche voluto rivolgersi alla “nuova generazione”. “Ragazzi, quando avevo la Vostra età ed ascoltavo le storie della Resistenza – ha aggiunto – mi sentivo intimorita dal confronto con quei giovani che, in quegli anni, avevano avuto così tanto coraggio. Guardavo le loro foto, i loro occhi limpidi nei ritratti appesi alle pareti delle sedi dell’Anpi e pensavo che dovessero essere tutti degli eroi”. L’eroismo di quella generazione, di chi ha fatto la Resistenza, consiste proprio in questo: nell’aver saputo scegliere la strada giusta, anche se più dura”.

Questo eroismo, ha concluso, “si manifesta anche oggi, ogni giorno, quando qualcuno di noi, qualcuno di Voi, si alza in piedi di fronte ad un’ingiustizia; quando non si gira dall’altra parte se assiste ad un’aggressione; quando non abbassa lo sguardo di fronte all’arroganza e alla violenza. Ciascuno di noi, ciascuno di Voi, può essere eroe nella vita quotidiana, se sceglie di affrontare la vita a testa alta, di difendere l’ideale della giustizia, mettendosi in gioco in prima persona, senza nascondersi. Abbiamo imparato molto dai ragazzi che hanno fatto la Resistenza. Abbiamo ancora da imparare. Per questo, continueremo a studiare, a capire, a parlare di ciò che è avvenuto”.

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