Napolitano ricorda: Dall’incontro con Brandt al visto Usa negato da Kissinger

Roma, 13 apr. (LaPresse) – Tanti ricordi, dal suo primo viaggio all’estero al visto negato per andare negli Usa. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel corso dell’intervista rilasciata a Fabio Fazio e andata in onda questa sera a ‘Che tempo che fa’ ripercorre molti incontri e eventi importanti che hanno segnato la sua vita e la sua carriera politica. A partire proprio dal rapporto con Kissinger, che nel 1975 gli nego il visto per entrare negli Stati Uniti perché era comunista. “Kissinger – racconta Napolitano – era Segretario di Stato. Essendo stato invitato da quattro o cinque delle maggiori università americane, presentai la domanda per avere il visto. Occorreva un nulla osta waiver del Segretario di Stato americano se il richiedente era un comunista o un fascista. Io ero il primo caso, ovviamente, e Kissinger non volle prendere in considerazione la concessione del visto. Lui era stato direttore del Centro di Studi europei di Harvard e c’era in quel momento il suo successore professor Stanley Hoffman che era uno dei firmatari dell’invito rivolto a me, e in effetti Kissinger gli fece sapere che era meglio che ritirasse l’invito. Hoffman non lo fece ma il visto non arrivò. I tempi sono molto cambiati. Con Kissinger poi abbiamo avuto uno straordinario recupero di rapporti amichevoli”.

Altra tappa fondamentale della sua vita fu l’incontro avuto il 9 novembre del 1989 a Bonn lo storico cancelliere Brandt a poche ore dalla caduta del muro di Berlino. “Io – racconta il capo dello Stato – incontrai il cancelliere tedesco Willy Brandt in quanto presidente dell’Internazionale Socialista, ci eravamo visti in altre occasioni e in quel momento il Partito Comunista Italiano di cui era stato Segretario fino alla morte, nel 1984, Enrico Berlinguer, lavorava per il massimo di collaborazione con i principali partiti socialisti e socialdemocratici europei, anche con grandi partiti di governo come quello tedesco. Quindi ragionammo per due ore esatte, dalle 14:00 alle 16:00, su come realizzare questo avvicinamento col massimo rispetto reciproco tra Partito Comunista Italiano e Internazionale Socialista, e in quelle due ore non arrivò la minima onda di quello che stava per succedere, non si ebbe nessuna percezione. Naturalmente si parlava dei movimenti che si stavano sviluppando nella Germania dell’Est. Appena però terminai di parlare con Willy Brandt volli salutare il presidente del Partito Socialdemocratico che si chiamava Vogel, e venne a salutarmi uscendo dall’emiciclo, dall’Aula del Bundestag, del Parlamento. Arrivò eccitatissimo ma non per dirmi: ‘sta per cadere il muro’, ma per dire: ‘abbiamo notizie di straordinarie manifestazioni nella Germania orientale e di manifestazioni per la libertà, non disse ‘per l’unità’, ma ‘per la libertà’. Io partii poco dopo e forse, mentre ero in treno da Bonn a Colonia per prendere l’aereo, accadde quello che sappiamo. Quindi a me è capitato di dire che in quel colloquio fummo sfiorati dal vento della storia senza rendercene conto”.

Fazio ha chiesto al presidente della Repubblica anche quale è stata la meta del suo primo viaggio all’estero. “Il mio primissimo viaggio – racconta Napolitano – fu quando da studente ero impegnato all’Università di Napoli, e lo stesso accadeva in altre università, in un movimento per dar vita all’elezione dei Consigli studenteschi. Si fece poi un Congresso nazionale universitario a Roma nel maggio del ’46 che elesse una delegazione italiana al primo Congresso studentesco mondiale, nell’agosto 1946, a Praga. Praga non era oltre la cortina di ferro perché non c’era ancora la guerra fredda e infatti parteciparono tutti, anche gli americani, a quel congresso. Quella fu la mia prima uscita dai confini d’Italia”.

Infine l’abbraccio con il presidente Gauck a Sant’Anna di Stazzema che “è stata una cosa molto importante”. “C’era stato già qualche precedente – spiega Napolitano – cioè quello del presidente tedesco quando gli si è raccontato ciò che è accaduto a Sant’Anna di Stazzema e io gli feci avere la lettera di un superstite. Una cosa molto bella un superstite della strage, un ragazzino di cinque anni che per miracolo si salvò, tutti i suoi rimasero vittime, e poi per ragioni di lavoro, per necessità, emigrò in Germania. E quando ebbe figli che dovevano scegliere la lingua lui gli fece scegliere il tedesco e scrisse questa lettera al presidente Gauck, io gliela consegnai, che spiegava: perché a partire da quegli anni mi sono sentito europeo. E il presidente tedesco è venuto a dire che, dal canto suo, non dimentica quali sono state le responsabilità terribili della Germania nella seconda guerra mondiale”.