Roma, 13 apr. (LaPresse) – L’Europa, il ruolo giocato in passato e le sfide per il futuro. E’ questo il tema principale affrontato dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell’intervista rilasciata a Fabio Fazio e trasmessa questa sera a ‘Che tempo che fa’. Per prima cosa il capo dello Stato puntualizza il motivo per cui è nata l’Ue. “A cosa serve l’Europa? È importante dire innanzitutto – spiega – a che cosa è servita perché talvolta si ha l’impressione che l’Europa per molti rappresenti soltanto la politica di austerità degli ultimi cinque anni. Ma l’Europa è nata sessant’anni fa ed è servita in primo luogo a garantire la pace nel cuore dell’Europa, una pace che era stata brutalmente strappata due volte nel corso del Novecento”. Dopo questa precisazione Napolitano affronta la questione più spinosa: la crescente disaffezione verso l’Unione e le sue istituzioni. “Le Istituzioni dell’Unione europea non sono riuscite a stabilire un rapporto più diretto con i cittadini innanzitutto in termini di informazione, di comunicazione come base di un coinvolgimento, del sentirsi in qualche modo partecipi delle decisioni e delle scelte che venivano fatte. Questo è un grosso tema che è oggi all’ordine del giorno”, sottolinea Napolitano. Quindi “la controffensiva europeista deve partire dalla forte valorizzazione di quello che si è costruito in Europa in questi sessant’anni. Non solo c’è stata la Comunità europea intesa come comunità economica, non solo c’è stato il Mercato Comune, non solo ci sono state tante relazioni di carattere economico-sociale, ma si è costruito un diritto comune ed è una cosa straordinaria”.

Il presidente della Repubblica specifica che la frase ‘Ce lo chiede l’Europa’ non è “una cattiva parola però suscita molti equivoci”. “Fu adoperata anche – aggiunge – da uomini di governo italiani europeisti i quali ritenevano che per sbloccare certe situazioni in Italia, per determinare cambiamenti che erano necessari ma che tardavano a venire, occorresse una sollecitazione, una richiesta, una frusta dell’Europa”.

Nel corso dell’intervista, Napolitano ritorna più volte sull’influenza che potranno avere gli euroscettici nel caso si affermassero alle prossime elezioni. Ma anche se “il timore è che se si avessero forti rappresentanze euroscettiche nel Parlamento diventerebbe più faticoso il cammino” il capo dello Stato non crede “ad un’Europa che torni indietro, anche con tutti coloro che arrivassero da euroscettici al Parlamento europeo; forse qualcuno sarebbe anche conquistato da una conoscenza diretta, da una partecipazione diretta, poi ormai quello che si è costruito nei rapporti tra le società, tra le economie, tra le culture e anche tra i sistemi giuridici non può essere distrutto nemmeno da parte di chi lo voglia accanitamente”.

Quindi, ribadisce, “quello che è stato scritto nei nostri trattati, il modello vero e proprio che è stato siglato, quello di una economia sociale di mercato, che significa precisamente combinare dinamismo economico, produttività, competitività dell’economia con diritti sociali, è qualcosa di irrinunciabile per l’Europa”.

Il presidente della Repubblica parla anche di giovani e disoccupazione. “Abbiamo avuto di recente iniziative interessanti, non risolutive ma interessanti, da parte delle istituzioni europee come la cosiddetta ‘garanzia per i giovani’, cioè un programma per offrire lavoro, per offrire opportunità di lavoro ai giovani quando siano al termine del loro ciclo formativo. Vorrei però anche dire, per esempio, che quando si parla di necessità assoluta di ridurre il debito nostro, il debito pubblico in Italia, non si dice abbastanza – spiega – che lo si deve fare non perché ce l’ha chiesto l’Europa ma perché è un dovere verso i giovani. Quando diciamo che dobbiamo sbarazzarci di questo fardello pensiamo soprattutto a loro. In Italia si è stati bravissimi nel gestire questa montagna di debito pubblico, bravissimi nel regolare le emissioni di titoli pubblici, nel controllare i tassi di interesse, ma ce lo portiamo sempre sulle spalle. Se lei pensa – conclude rivolgendosi a Fazio – che oggi 80 miliardi di euro in un anno vanno pagati per gli interessi sui titoli del debito possiamo lasciare questo fardello sulle spalle dei giovani?”.

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