Dalla nostra inviata Nadia Pietrafitta
Berlino (Germania), 17 mar. (LaPresse) – Cambiare l’Italia per cambiare l’Europa. Matteo Renzi arriva ‘alla corte’ di Angela Merkel e decide di giocare all’attacco. Dopo la cravatta apprezzata sabato da Francois Hollande, questa volta è un bottone del premier abbottonato male a rompere il ghiaccio tra i due leader, accolti dagli inni nazionali nel cortile della Cancelleria federale tedesca. L’imbarazzo, però, dura pochi secondi, con Renzi che riesce a strappare un sorriso alla donna più potente d’Europa portando in dono da Firenze la maglia dell’attaccante tedesco della Fiorentina Mario Gomez, con tanto di dedica speciale per la cancelliera. Inizio calcistico a parte, il faccia a faccia Renzi-Merkel è incentrato sulle riforme annunciate dal premier italiano e parecchio gradite a Berlino. Sono rimasta veramente colpita e impressionata” dal programma interventi annunciati da Renzi, taglia subito corto davanti ai giornalisti, “si tratta veramente di un cambiamento strutturale”. A far centro nel duro giudizio tedesco è la “direzione riformatrice” intrapresa dal nuovo Governo, il coraggio con il quale Roma sta cercando, per dirla con le parole del premier, di “cambiare verso”. Renzi, da parte sua, non azzarda fughe in avanti e ribadisce la volontà di mantenere gli impegni. “Il nostro Governo – mette in chiaro sin da subito – ha come orizzonte il 2018, ma le riforme devono essere fatte subito”.
Quanto alle coperture, ribadisce ancora una volta il premier, è tutto sotto controllo. Non devono essere spiegate alla Merkel – “l’eco delle slide è arrivata sin qua e lei stessa mi ha chiesto come mai non le avessi con me”, scherza Renzi – perché sono state spiegate agli italiani”. Di più. “L’Italia non chiede di cambiare i limiti che vengono da Maastricht” o di non rispettare le regole europee come se venissero imposte da un nemico perché sono regole “che ci siamo dati insieme”. Roma, però, “ha un problema”, ammette Renzi. “Il nostro problema”, dal momento che il rapporto tra deficit e Pil continua a salire proprio a causa di quelle regole, “è che l’Italia non cresce e servono modifiche strutturali” per ripartire. Merkel annuisce e si mostra fiduciosa. “So bene che l’Italia per quel che riguarda il patto di stabilità e di crescita lo rispetterà”, spiega. “Il bicchiere italiano – aggiunge – è semipieno e l’Italia lavorerà per riempire la parte mezza vuota”.
A convincere Berlino quanto emerge dagli incontri bilaterali che avvengono tra il ministro dll’Economia Pier Carlo Padoan, quello dello Sviluppo economico Federica Guidi, il titolare delle Infrastrutture Maurizio Lupi, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, quello della Difesa Roberta Pinotti, la titolare della Farnesina Federica Mogherini e i loro omologhi tedeschi. Nella riunione plenaria che ha luogo nella grande sala del Consiglio dei ministri tedeschi a tenere banco all’inizio è la questione Ucraina con i ministri degli Esteri di ritorno da Bruxelles che riferiscono sulle misure adottate. “Sono decisioni che non abbiamo preso con tanta facilità – ammette Merkel – ma che alla luce della violazione del diritto avvenuta con il referendum in Crimea, erano un passo che dovevamo fare e sono felice che l’Europa sia stata unita”. Quanto alla possibilità di nuove sanzioni, aggiunge poi Renzi, “dipenderà dal lavoro di queste ore e sarà una decisione comune che prenderemo tutti insieme nel prossimo Consiglio europeo”. Sul tavolo dei ministri, anche il Jobs act presentato da Renzi per rilanciare l’occupazione. I dissensi che ci sono stati in Italia, si difende il premier, fanno capo “a qualche parte del sindacato, ma il vero dissenso sono i livelli di disoccupazione raggiunti”.
“La pretesa di creare posto di lavoro con una legislazione molto dura è fallita, noi dobbiamo cambiare le regole del gioco”, aggiunge il premier non dimenticando di sottolineare come il modello tedesco sia stato un punto di riferimento. All’inizio, quando si fanno le riforme, lo incoraggia la Merkel, sono possibili dei “malumori”, ma quel che conta “sono i risultati nel medio-lungo termine”. È lì, alla prova dei risultati, che Berlino attende Renzi.
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