Roma, 15 feb. (LaPresse) – “Votando l’ordine del giorno di Renzi non abbiamo firmato una cambiale in bianco. Né quella è stata la soluzione per un duello rusticano tra due leader, che ha lasciato il nostro mondo stranito e non risponde alla mia idea di cosa è un partito”. Con queste parole Gianni Cuperlo, in un’intervista a ‘La Repubblica’, spiega la scelta che ha portato anche la minoranza del Pd a non appoggiare Enrico Letta e a indicare Matteo Renzi come nuovo premier.
“So bene che si è consumato un trauma – ha proseguito Cuperlo -. Ho sempre sostenuto Letta con lealtà assoluta. Quando mi sono candidato al congresso questa cosa mi è stato anche rimproverato. Dicevano che mentre Renzi lo criticava in libertà e Civati chiedeva la crisi e il superamento del governo, noi eravamo quelli che si caricavano sulle spalle tutto il peso. Ho sempre risposto che quello era il nostro governo e non andava attaccato per lucrare qualche voto in più”.
“Dopo le primarie – ha spiegato ancora Cuperlo – il rapporto tra il Pd e l’esecutivo non reggeva. Il punto non sono i voti in Parlamento. Quando si dice che alle spalle di Letta ci sono dieci mesi di fallimenti è dura sostenere che si aiuta Palazzo Chigi. Per settimane ho suggerito a Enrico di assumere una iniziativa di rilancio nel programma e nelle personalità da coinvolgere. E questo a fronte di un governo che perdeva pezzi e nel cuore di una crisi sociale drammatica. Abbiamo sempre detto che se Letta fosse riuscito a guidare la ripartenza, il Pd avrebbe dovuto appoggiarlo. Ma se quella condizione non ci fosse stata, allora toccava al leader democratico dire come uscire dalla crisi. Renzi lo ha fatto, parlando di un cambio radicale di governo e di guida”.
“Se vogliamo dirci la verità, il governo non c’era più da prima che giovedì il segretario togliesse la fiducia al premier – ha concluso -. A quel punto i soli due scenari erano: nuove elezioni, col rischio di larghe intese all’infinito, oppure prendere atto della linea di Renzi e cioè ‘adesso provo io e lo faccio a nome del Pd’. Noi ci siamo fatti carico di questo. In direzione però, abbiamo anche detto che era un errore partire da chi avrà il compito di guidare il governo. Mentre il merito della svolta è rimasto sospeso. È legittimo pensare che io abbia sbagliato, ma la mia è stata una motivazione politica, non di potere”.