di Nadia Pietrafitta
Roma, 30 gen. (LaPresse) – Matteo Renzi è sicuro: “Questa è la volta buona”. Il cammino delle riforme, annunciato da oltre 20 anni, è preso: la nuova legge elettorale può essere approvata “rapidissimamente”. Sulla strada del segretario Pd, però, non sono poche le trappole che rischiano di far saltare tutto. Le opposizioni sono da giorni in agitazione alla Camera e anche all’interno di Pd e FI non tutti hanno gradito l’accelerazione impressa al di fuori del Parlamento alla riforma del Porcellum. Il voto segreto, possibile a Montecitorio, rischia di far tornare alla ribalta i franchi tiratori di entrambi i partiti contraenti dello “storico” accordo, ma anche “a viso aperto” i distinguo rimangono. Il malcontento viene palesato soprattutto dalla minoranza dei democratici. Nonostante, infatti, i numeri con cui la direzione ha approvato il testo base dell’Italicum siano schiaccianti (111 i voti favorevoli, 34 astenuti e nessun voto contrario), in Parlamento le proporzioni sono diverse.
La minoranza può contare su quasi 170 uomini. Circa 150, viene spiegato, sono i parlamentari ‘cuperliani’ (un centinaio i deputati e la metà i senatori), ormai divisi al loro interno tra i fedelissimi dell’ex presidente del Pd e i ‘giovani turchi’, guidati da Matteo Orfini. Una quindicina, invece, i rappresentanti dem di fede ‘civatiana’. “La ditta rimarrà unita”, ripetono citando le parole di Pierluigi Bersani gli esponenti delle diverse correnti, ma differenti appaiono le posizioni in campo. Più duri i ‘cuperliani doc’ (50 tra Camera e Senato), che con l’amaro in bocca hanno accettato la richiesta del segretario di ritirare tutti gli emendamenti presentati in commissione Affari costituzionali per migliorare l’Italicum, e adesso rimangono in agitazione. Non vogliamo certo bloccare le riforme – è il ragionamento – ma la linea dura sull’innalzamento della soglia per ottenere il premio di maggioranza ha premiato e, andando avanti sulla stessa strada anche in aula, si potranno ottenere risultati importanti anche sul versante della garanzia di possibilità di scelta dei propri parlamentari da parte degli elettori e di una maggiore rappresentanza.
“Il testo, ora, rispetto al testo base è un passo nella direzione giusta – spiega Gianni Cuperlo – ma restano dei punti aperti e dobbiamo lavorare assieme per correggerli”. Di “passo in avanti” parla anche Rosy Bindi che però spera “se ne possano fare altri”, magari in aula dove da oggi pomeriggio si sposterà il confronto. la cui linea rimane quella espressa da giorni dall’ex presidente Pd. L’atteggiamento della frangia più scontenta del Pd, però, viene ripetuto, sarà “responsabile responsabile anche in caso di voto segreto”. “Non passi la linea dell’elogio del franco tiratore – spiega un deputato bersaniano – gravissimo è stato quello che è successo con i 101 e sarebbe altrettanto grave utilizzare il voto segreto per impallinare una battaglia che invece deve essere portata a casa”. Più bendisposti nei confronti del cammino intrapreso dal segretario i ‘giovani turchi’ e il drappello di parlamentari che fanno capo a Pippo Civati.
Una rottura, insomma, sembra lontana. Anche perché, viene spiegato a mezzabocca, parallelamente a quella delle riforme, si giocano altre due partite importanti. La prima riguarda il sempre più quotato rimpasto nel governo Letta. “Non intendo contrattare la sostituzione di un bersaniano con un renziano, non mi interessa”, non fa che ripetere il segretario, ma posizionare qualche esponente della minoranza meno intransigente all’interno dell’esecutivo potrebbe contribuire a rasserenare il clima. Ci sono poi i segretari regionali da eleggere e anche su questo tavolo, viene spiegato, “Renzi dovrà decidere quanti e quali appetiti soddisfare”.