Roma, 11 dic. (LaPresse) – Il Governo incassa la fiducia alla Camera con 379 sì, 212 no e 2 astenuti. Erano presenti in aula 593 deputati e hanno votato in 591. La maggioranza era fissata a quota 296.
IL DISCORSO DI LETTA. “Un nuovo inizio”, che abbia “obiettivi realizzabili” e tempi certi”. E’ questo che Enrico Letta chiede alla nuova maggioranza che sostiene il suo Governo, durante il suo intervento alla camera. Ma non cerca, sottolinea, il voto del Movimento 5 stelle: “Le istituzioni esigono rispetto – dice – per questo motivo sono in aula a chiedere una nuova fiducia. Si tenta di immiserire quest’aula con una cultura che avalla la violenza”, che “arriva ad incitare all’insubordinazione le forze dell’ordine”, attacca facendo riferimento alle parole di Beppe Grillo dopo la rivolta dei forconi. Il premier non risparmia una frecciatina nemmeno a chi, come Forza Italia, è all’opposizione da poco più di un mese. “Chi vuole isolare l’italia e conquistare il consenso con il populismo antieuropeo non voti la fiducia al mio Governo”, sentenzia. “Non permetteremo che l’Italia sprofondi di nuovo”, conclude, perché Letta ne è sicuro “il nuovo inizio è oggi”.
Il premier non ha dubbi: “Ci sarà un prima e un dopo”. E se il prima verrà ricordato anche per “le intimidazioni quotidiane, gli aut aut e le minacce” (“dalle quali – sottolinea Letta – ho scelto di tenere, per quanto possibile il Governo al riparo”), il dopo dovrà essere giocato “all’attacco”, forti della consapevolezza che l’Italia pur essendo ancora “fragile”, “è pronta dopo tanti sacrifici a ripartire”. Ecco perché il presidente del Consiglio chiede al Parlamento di “impegnarsi” insieme al Governo. “Oggi la coalizione è diversa, è unita – spiega – Ci sono le condizioni per un patto di Governo che proporrò nelle prossime settimane e che chiameremo ‘Impegno 2014’. Nei mesi scorsi non c’erano le condizioni, oggi queste condizioni ci sono”. La road map di palazzo Chigi è chiara.
Innanzitutto, le riforme: “la scelta di Forza Italia di non garantire il sostegno” al percorso di modifica della Costituzione già avviato, ammette, “impone un’onesta presa d’atto della necessità di cambiare percorso per non arrivare a una dilazione dei tempi che sarebbe fatale” ma, avverte, “chi prova a far saltare il banco ne risponderà con i cittadini”. Sono quattro, secondo Letta, i punti da cui ripartire: “la riduzione del numero dei parlamentari, l’abolizione delle Province, la fine del bicameralismo perfetto, una riforma del titolo V” della Costituzione “che metta ordine nel rapporto tra centro e poteri decentrati”. Quanto alla riforma del Porcellum, (dopo che la sentenza della Corte costituzionale “ci ha liberato dalla peggiore legge elettorale d’Europa”), Letta è sicuro: la nuova legge elettorale “deve evitare un eccesso di frazionamento della rappresentanza, che porterebbe all’ingovernabilità. La democrazia dell’alternanza è irrinunciabile e ci impone di orientarci verso meccanismi maggioritari”.
Chiara anche la ricetta di politica economica per far ripartire il Paese. “Continuare a far scendere il debito, il deficit, la spesa corrente, le tasse su famiglie e imprese”; “raggiungere una crescita dell’1 per cento l’anno prossimo e al 2 nel 2015 fino a renderla strutturale per aggredire la disoccupazione”; “rilanciare gli investimenti pubblici”; “aggiornare le politiche di competitività industriale”; “creare un clima più favorevole agli investimenti attraverso il piano Destinazione Italia”. Questi i cinque punti individuati dal presidente del Consiglio per il 2014, “primo anno in cui – sottolinea il premier – ci sarà il segno più” per quel che riguarda il Pil “dopo il buio della crisi”.
Il lavoro resta una delle priorità di palazzo Chigi. Il premier annuncia il completamento della riforma degli ammortizzatori sociali entro l’anno prossimo e rinnova l’impegno del Governo per la riduzione del cuneo fiscale, grazie anche ai fondi che deriveranno dalla Spending review. Nel prossimo Consiglio dei ministri, in agenda per venerdì, inoltre, verranno approvate, anticipa il Premier, misure per la riduzione del caro bollette (per oltre 600 milioni) e delle tariffe rc auto, oltre al piano ‘Destinazione Italia’.
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