Roma, 1 ott. (LaPresse) – Berlusconi attacca a muso duro il Colle e Letta con un altro colpo di coda, l’ennesimo di questi giorni, ma forse non l’ultimo, in un clima da ‘ultimo impero’ per il Pdl, in queste ore a rischio scissione del partito. Il Cav. il suo attacco al capo dello Stato Giorgio Napolitano e al premier lo sferra con una lettera al settimanale ‘Tempi’ che sarà pubblicata il 4 ottobre.
“Enrico Letta e Giorgio Napolitano avrebbero dovuto rendersi conto che, non ponendo la questione della tutela dei diritti politici del leader del centrodestra nazionale, distruggevano un elemento essenziale della loro credibilità e minavano le basi della democrazia parlamentare”. E’ un passaggio della lettera inviata da Berlusconi al periodico cattolico Tempi. “Come può essere affidabile chi non riesce a garantire l’agibilità politica neanche al proprio fondamentale partner di governo e lascia che si proceda al suo assassinio politico per via giudiziaria”, aggiunge il Cav scagliandosi contro la prima carica dello Stato e contro il presidente del Consiglio Letta.
Le durissime parole di Berlusconi verso il governo delle larghe intese vengono diffuse proprio mentre i vertici del Pdl, partito che appena ribattezzato come nuova Forza Italia, si trova a fronteggiare il concreto pericolo di scissione, si riuniscono a Palazzo Grazioli per stabilire la linea da tenere nei confronti dell’esecutivo del premier Letta che domani si presenterà per una verifica al Senato per il voto di fiducia. Ce n’è anche per l’ex alleato di governo negli attacchi di Berlusconi. “Il Pd, compreso Matteo Renzi – scrive il Cav – ha tenuto un atteggiamento irresponsabile soffiando sul fuoco senza dare alcuna prospettiva politica. Pur comprendendo tutti i rischi che mi assumo, ho scelto di porre un termine al governo Letta”.
Il Cavaliere elenca i motivi che lo hanno portato a voler staccare la spina al governo delle larghe intese. “Resistere per me – dice – è stato un imperativo morale che nasce dalla consapevolezza che senza il mio argine, che come è evidente mi ha portato ben più sofferenze che ricompense, si imporrebbe un regime di oppressione insieme giustizialista e fiscale. Per tutto questo, pur comprendendo tutti i rischi che mi assumo, ho scelto di porre un termine al governo Letta”.
“Ho scelto la via del ritorno al giudizio del popolo non per i ‘miei guai giudiziari’ ma perché si è nettamente evidenziata la realtà di un governo radicalmente ostile al suo stesso compagno di cosiddette ‘larghe intese'”, aggiunge l’ex premier e leader del Pdl.
Sulla sua vicenda giudiziaria Belusconi emette la sua personale controsentenza: “I settori politicizzati della magistratura – è l’affondo del Cavaliere- sono pervenuti a un’incredibile, ingiusta perché infondata, condanna di ultima istanza nei miei confronti. Ed altre manovre persecutrici procedono in ogni parte d’Italia”.
Per Berlusconi quello di Letta è un “governo che non vuole una forza organizzata di centrodestra in grado di riequilibrarne la sua linea ondivaga e subalterna ai soliti poteri interni e internazionali”.
Il Cavaliere spiega anche di non avere più voluto sostenere il governo delle larghe intese “quando Letta ha usato l’aumento dell’Iva come arma di ricatto nei confronti del mio schieramento ho capito che non c’era più margina di trattativa”.
Berlusconi chiede che la parola torni al popolo. “Quando capisci che l’Italia è un Paese dove la libera iniziativa e la libera impresa del cittadino diventano oggetto di aggressione da ogni parte, dal fisco ai magistrati – afferma il Cav. quando addirittura grandi imprenditori vengono ideologicamente e pubblicamente linciati per l’espressione di un libero pensiero, quando persone che dovrebbero incarnare con neutralità e prudenza il ruolo di rappresentanti delle istituzioni pretendono di insegnarci come si debba essere uomini e come si debba essere donne, come si debbano educare i figli e quale tipo di famiglia devono avere gli italiani, quando lo Stato si fa padrone illiberale e arrogante mentre il governo tace e non ha né la forza né la volontà di difendere la libertà e le tasche dei suoi cittadini, insomma allora è bene che la parola ritorni al nostro unico padrone: il popolo italiano”.