Roma, 27 giu. (LaPresse) – Si svolge al quarto piano del ‘Palazzaccio’ la battaglia finale della guerra di Segrate. Si riparte dal verdetto del 9 luglio del 2011 della Corte d’appello civile di Milano che impose alla famiglia Berlusconi di versare 564 milioni di euro alla Cir di De Benedetti, riducendo il risarcimento stabilito in primo grado, che ammontava a quasi 750 milioni di euro. Il risarcimento stabilito dalla Corte d’appello è “legittimo”, spiega il procuratore generale della Cassazione Pasquale Fimiani ma va “lievemente ridotto”. Il Pg infatti, pur respingendo, ritenendoli infondati, quasi tutti i 15 punti presenti nel ricorso presentato dai legali di Fininvest, accoglie due voci (che fanno capo al punto 13) che riguardano la successiva rivendita delle azioni Espresso e il loro aumento equitativo del 15% rispetto all’importo totale.
Fimiani ravvisa tutte le “illiceità” riscontrate dai magistrati milanesi, illiceità “che hanno dato forza a una delle due parti rispetto all’altra”. Di più, spiega. La Fininvest ha “violato i principi di lealtà che devono contraddistinguere le fasi di una trattativa”, sottolinea. Anche per quel che riguarda il “danno patrimoniale da indebolimento della posizione negoziale”, la corte, aggiunge Fimiani, “ha applicato principi consolidati, ha fatto un calcolo che si capisce”.
Al collegio della Terza sezione civile della Suprema Corte, presieduto da Francesco Trifone, adesso, il compito di decidere se accogliere le istanze del Pg. Se così fosse i magistrati ‘ermellini’ potrebbero scegliere di riquantificare al ribasso la somma di risarcimento o, come è più probabile, di celebrare un nuovo processo d’appello per quel che riguarda le due voci ‘accolte’ dal procuratore generale. Nell’aula ‘Manzo’, prima della requisitoria del Procuratore generale le due difese si danno battaglia. Definiscono “abnorme e punitivo” il ricorso fissato dai giudici milanesi i legali del gruppo Fininvest. La Cir di Carlo De Benedetti “ha stravolto il nostro ordinamento e ha fatto a pezzi il codice civile” perché ha “scelto di non utilizzare gli strumenti previsti” dalla legge per il risarcimento del danno, attacca Romano Vaccarella.
“Il giudice non è stato terzo, è divenuto parte nel processo con l’accordo corruttivo. È venuto meno un pilastro del nostro ordinamento”, ribatte Vincenzo Roppo, avvocato del gruppo Cir riferendosi all’illecito, già accertato penalmente dalla procura di Milano che nel 1995 scoprì che ai tempi della sentenza della prima Sezione Civile che doveva decidere sull’arbitrato su Mondadori, uno dei giudici che la presiedeva, Vittorio Metta, aveva ricevuto più di un miliardo di lire da Cesare Previti, uno degli avvocati del gruppo Fininvest e amico intimo di Berlusconi.
Quando, dopo cinque ore, l’udienza giunge al termine sono i legali di De Benedetti a sembrare più soddisfatti. Uno di loro, l’avvocato Nicolò Lipari, si avvicina al Procuratore generale Fimiani, gli stringe la mano e gli rivolge i suoi personali “complimenti” per aver inserito “argomenti nuovi” nella sua requisitoria. “Mi avete fatto studiare tanto”, ribatte lui. Anche Roppo è sereno: “Il procuratore generale ha fatto solo un rilievo che riguarda una piccola voce risarcimento che secondo lui non è stata motivata in modo compiuto. Sulla base di una nuova motivazione anche questa voce potrà essere riconfermata”, assicura lasciando il ‘Palazzaccio’. Bocche cucite, invece, da parte dei legali Fininvest.
L’ultima parola, tuttavia, spetterà ai giudici della Terza sezione civile della Superma Corte. Il verdetto, atteso da oltre vent’anni, dovrebbe arrivare entro agosto. Ma, come spiegano i legali Cir, “è una decisione complessa e potrebbe volerci più tempo”.
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