Roma, 25 giu. (LaPresse) – Il tribunale di Bergamo chiede alla Camera l’autorizzazione a procedere per Umberto Bossi, accusato di vilipendio nei confronti del presidente della Repubblica. La richiesta è arrivata il 21 giugno alla Giunta delle autorizzazioni di Montecitorio. I fatti risalgono al 29 dicembre 2011 quando Bossi, durante un comizio al Berghem Frecc ad Albino, nel bergamasco, si era lasciato andare ad epiteti e gestacci contro il capo dello Stato e l’allora premier Mario Monti. “D’altra parte – aveva detto – uno che si chiama Napolitano nomen omen. Ah, non sapevo che fosse un terùn”. Aveva poi alzato indice e mignolo a formare il gesto delle corna e aveva definito “coglionazzi” i membri del Governo. Bossi è accusato di offese all’onore o al prestigio del presidente della Repubblica e vilipendio della Repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle forze armate.
Il tribunale di Bergamo aveva chiesto e ottenuto una prima autorizzazione a procedere dal ministero della Giustizia. La difesa di Bossi si era però opposta sottolineando che quella di Bossi era l’espressione di opinioni politiche nell’esercizio del suo mandato parlamentare.
Da qui la richiesta a Montecitorio di una deliberazione in materia di insindacabilità. Per il giudice, si legge nel provvedimento, “la giurisprudenza prevalente ritiene che l’immunità parlamentare ex articolo 68 comma primo della Costituzione debba essere limitata alle opinioni espresse e agli atti che presentino un chiaro nesso con il concreto esercizio delle funzioni anche se svolte in forme non tipiche”. “Le dichiarazioni rese dall’onorevole Bossi – aggiunge il magistrato – la sera del 21 dicembre 2011 non possono considerarsi funzionalmente connesse con alcuna forma di esercizio di funzioni parlamentari, cui peraltro è in ogni caso estraneo, occorre ribadirlo con fermezza, l’uso del turpiloquio”.