Milano, 31 mag. (LaPresse) “Chiedo che si condanni ciascuno imputato alla pena di reclusione ad anni 7 e 35 mila euro di multa“. Lo ha detto il procuratore aggiunto Pietro Forno al termine della sua requisitoria nel processo a carico di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. Il pm ha anche chiesto “l’interdizione perpetua ai pubblici uffici, dalle scuole di ogni ordine e grado e dalle strutture pubbliche”.
Il procuratore aggiunto Forno ha chiesto di condannare Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti a 7 anni di reclusione per induzione e favoreggiamento della prostituzione e al pagamento di una multa di 35 mila euro ciascuno. Forno ha anche chiesto, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici e a quella dalle scuole di ogni e grado, anche quella da uffici o servizi, anche privati, che abbiano a che fare con i minori.
“Ruby sapeva di aver fatto qualcosa per cui poteva chiedere denaro” a Silvio Berlusconi. Lo ha sottolineato il pm Antonio Sangermano in un passaggio della sua requisitoria nel processo a carico di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. Il pm ha precisato che nel corso delle indagini “non abbiamo trovato i soldi o la prova concreta della trattativa” tra il Cavaliere e la giovane marocchina, che gli avrebbe chiesto 5 milioni di euro in cambio del silenzio sul fatto di aver fatto sesso a pagamento con lui quando era ancora minorenne, ma il fatto che la ragazza ne abbia parlato con altre persone “rileva la convinzione di Ruby della persuasività dei suoi argomenti”.
La sentenza per Lele Mora, Nicole Minetti e Emilio Fede è attesa per il 12 luglio. Lo hanno stabilito i giudici del processo nel quale i tre imputati devono rispondere di induzione e favoreggiamento della prostituzione in relazione alle feste di Arcore. La prossima udienza del 7 giugno sarà riservata alle dichiarazioni spontanee di Lele Mora ed Emilio Fede, poi prenderanno la parola le parti civili. La parola passerà quindi alle difese di Mora, Fede e Minetti, che avranno a disposizione le udienze del 21 e 28 giugno e 5 luglio. La sentenza potrebbe arrivare proprio per il 12 luglio.
Non si è fatta attendere la risposta di Silvio Berlusconi, giunta attraverso una nota: “Le argomentazioni utilizzate dai pubblici ministeri milanesi nel processo Minetti, Mora, Fede, in relazione a quanto sarebbe accaduto nella mia casa, sono quanto di più lontano dalla realtà sia possibile immaginare”. “Decine e decine di testimonianze – aggiunge Berlusconi – hanno asseverato la assoluta normalità delle cene presso la mia residenza e la totale assenza di qualsiasi connotazione men che corretta. La fantasia dell’accusa appare davvero senza confini e si spinge ad una patologia giuridica che non può che destare indignazione e preoccupazione. Sono certo che la forza della verità dimostrerà la totale infondatezza di tali incredibili ed inaccettabili ricostruzioni”, conclude il Cavaliere.
Gli fa eco il suo avvocato, Niccolò Ghedini: “La requisitoria di quest’oggi pronunciata nel processo Fede, Minetti, Mora non può che lasciare stupiti per la mancanza di correlazione fra la realtà processuale e le tesi accusatorie”. “A casa del presidente Berlusconi – ha aggiunto Ghedini – mai si sono verificati accadimenti quali quelli narrati. Tutti i testimoni non solo hanno escluso qualsiasi attività prostituiva ma anche che si siano verificate situazioni volgari o illecite. Ancora una volta a Milano assistiamo ad una aggressione totalmente sganciata dalle risultanze processuali alla vita privata e all’onorabilità del presidente Berlusconi che non può non destare sconcerto”.