Torino, 19 mag. (LaPresse) – “La democrazia col passare del tempo si chiude e concentra il potere in gruppi oligarchici. Non c’è nessuna ragione di escludere che anche il nostro Paese sia oggetto di applicazione di questa legge. Qualcuno ha anche teorizzato che il passaggio da democrazia ad oligarchia avvenga in 50-60 anni. La prima generazione conquista la democrazia e allarga la base della partecipazione. La seconda generazione consolida ed allarga la democrazia in certi settori della vita pubblica che non sono strettamente politici. La terza generazione si impadronisce e, invece, di servire la democrazia la usa per i propri poteri. In 50-60 anni. State facendo un calcolo mentale?”. Lo ha affermato l’ex presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky intervenendo al Salone del libro di Torino, nel corso dell’incontro ‘La Costituzione siamo noi, l’epoca dei diritti’.

La costituzione italiana, ha continuato, è “come una bella ragazza che per lungo tempo è stata insidiata nella sua virtù. Gli insidiatori sono numerosi e la tentazione è forte”. “Volete che vi faccia qualche nome? – ha proseguito il giurista, rivolgendosi al pubblico -. Sono quelli che stanno nelle fondazioni che si chiamano, pensate un po’, ‘Fare futuro’. Cosa vuol dire fare futuro? O ‘Italia decide’, ma cosa diavolo decide l’Italia? Si potrebbe fare un elenco di queste formule”. “Stanno tutti lì dentro – ha continuato Zagrebelsky – poi entrano nei vari comitati, organizzano tavole rotonde. Si può trovare nell’insidiare quella bella ragazza una ragione di vita e anche un motivo di carriera, accademica o politica”.

“Ora però – ha proseguito il giurista – la Costituzione, che ha preservato la sua virtù fino ad adesso, nel frattempo stata logorata, la resistenza ha provocato tante rughe nel suo volto, è stata manipolata, ed è stanca. E temo che a un certo punto quella che fu una bella ragazza si conceda al primo venuto. La stanchezza della Costituzione sta diffondendosi anche tra di noi”. “Al punto in cui – sottolinea il giurista – o cediamo alla rassegnazione, oppure raccogliamo le forze che ancora esistono per fare massa culturale critica che ponga i nostri governanti, i nostri partiti di riferimento di fronte al peso di una mobilitazione civile e intellettuale che smuova i partiti, perché dei partiti abbiamo bisogno, attraverso non un discorso, ormai sempre più improduttivo con i vertici ma attraverso un coinvolgimento della base”.

“Perché – ha concluso Zagrebelsky – solo la base potrà determinare qualche scossone per i vertici”.

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