Roma, 9 mag. (La Presse) – Non solo Aldo Moro, ma anche Peppino Impastato viene ricordato oggi: fu ucciso infatti esattamente lo stesso giorno, quel 9 maggio di 35 anni fa. La presidente della Camera, Laura Boldrini, e quello del Senato, Pietro Grasso, non lo citano in aula, dove si svolgono le commemorazioni ufficiali. Ma poi lo ricordano sui social network. “La voce di Impastato – scrive Boldrini su Twitter – irrideva con coraggio Cosa nostra. A 35 anni dall’assassinio, la sua battaglia contro la mafia è ancora un esempio”. E poi su Facebook spiega di aver inviato un messaggio al fratello di Peppino, Giovanni Impastato: “Sono tanti – scrive – 35 anni. Una vita, ormai, dal giorno in cui Peppino Impastato venne ucciso. Consola però notare come, anno dopo anno, la sua figura sia diventata sempre più punto di riferimento per le nuove generazioni in cerca di riscatto. Soprattutto per coloro che, vivendo in territori difficili, a lui si ispirano per isolare mentalità e comportamenti mafiosi. Perché è stata questa la forza rivoluzionaria di Peppino Impastato: mettere all’angolo Cosa Nostra con un’arma di certo inedita per l’epoca, l’ironia. Meglio sarebbe dire la derisione. Ridicolizzare i rituali di cosa nostra e i suoi uomini oggi è una strategia contro la mafia. Allora era un atto eroico. Peppino lo sapeva, sapeva di andare incontro a morte certa. Ma questo non lo ha fermato”.

Anche Grasso preferisce glissare nella commemorazione ufficiale e relegare il suo ricordo di Impstatato alla rete: “Quando fu ammazzato – scrive su Facebbok – Peppino Impastato aveva trent’anni e un coraggio da leone. In un tempo in cui parlare di mafia – aggiunge – era considerata eretica stramberia, dai microfoni di una radio libera, come si chiamavano allora, ma più libera di altre, ‘Radio aut’, lui denunciava, raccontava. Urlava contro la mafia e contro Tano Badalamenti, ‘Tano seduto’, come spesso lo chiamava. Il nove maggio 1978 – ricorda Grasso – veniva eseguita la sua condanna a morte. Nonostante i patetici tentativi di far passare l’esecuzione per suicidio, era evidente a tutti chi fossero gli assassini e i mandanti, eppure più di venti anni furono necessari perché ci fossero delle condanne”. “Se diciamo che la sua morte è servita a combattere la mafia, non utilizziamo una figura retorica – aggiunge l’ex magistrato – dopo 35 anni si può parlare di mafia senza che sembri come allora lucida follia. Denunciare, indagare è sempre pericoloso, certo, ma chi lo fa non è più solo come era solo, lui, allora. A lui hanno dedicato canzoni, spettacoli, libri, giornali e un grande film ‘I cento passi’ – conclude Grasso – A lui ogni anno continua ad andare il nostro pensiero. Grazie, Peppino”.

Polemico il leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro: “Mentre i soliti soloni – scrive – fanno a gara per beatificare protagonisti della nostra storia che sono scesi a patti con la mafia, noi vogliamo commemorare chi questo cancro della democrazia lo ha combattuto: Peppino Impastato. Infatti, 35 anni fa, un giovane coraggioso e dalla schiena dritta fu barbaramente ucciso col silenzio complice di tutte le istituzioni. Occorre tenere vivo il ricordo di coloro che hanno sacrificato la propria vita per lo Stato e per la difesa della legalità. Peppino Impastato, con il suo esempio, il suo coraggio, la sua storia e le sue denunce – conclude Di Pietro – rimarrà un faro per le nostre battaglie politiche di contrasto a tutte le mafie e un monito per le nuove generazioni. Noi non dimentichiamo”.

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