Roma, 6 apr. (LaPresse) – Tre nomi, certo non nuovi, ma sempre più ricorrenti: Franco Marini, Massimo D’Alema, Giuliano Amato. Sono quelli che, all’interno del Pd, sembrano rafforzarsi nelle ultime ore per il Quirinale. Guadagna sempre più terreno sul fronte democratico l’ipotesi di una figura garantista al Quirinale, che possa essere non sgradita al centrodestra. Ipotesi inserita nel più ampio e complesso quadro di prove di accordo Bersani-Pdl, nella partita doppia tra la formazione dell’esecutivo e la corsa al Colle.
L’incombere sulla scena politica del rottamatore Matteo Renzi, con annessa sua candidatura alla premiership, in un possibile scenario di ritorno alle urne, spinge Bersani e Berlusconi a trovare insieme una via di uscita dal guado creatosi dopo le ultime consultazioni elettorali. Una soluzione che passa attraverso l’elezione della prima carica dello Stato, del successore di Giorgio Napolitano, verso cui ogni mossa della politica appare orientata. Per il Pd quindi la sfida sembra sempre più, a questo punto, quella di giocarsi la carta dell’accordo per il Colle su un candidato non inviso al Pdl come passaggio preliminare per guidare in seguito un governo con Bersani premier.
Marini ha il profilo politico-istituzionale di una personalità di garanzia. A rafforzare la sua candidatura, il fatto che un rappresentante del mondo cattolico da 15 anni non ricopre la carica di presidente della Repubblica. Dal canto suo, Amato, di cui D’Alema anni fa disse “non è uno dei nostri”, presenta le caratteristiche di credibilità, anche oltre il Pd, guardando cioè in direzione del partito di Silvio Berlusconi, e non solo, per la sua biografia di socialista-liberale. D’Alema, già dato per papabile nella precedente elezione al Quirinale, oltre ad avere dalla sua una parte storica dell’apparato del suo partito, è stato il protagonista della esperienza della Bicamerale e, in una logica di dialogo con il centrodestra, ha le sue credenziali.
Un asso che addirittura il Cavaliere potrebbe calare lui stesso per mettere in difficoltà il Pd, che non potrebbe certo fare lo schizzinoso di fronte al nome di un suo esponente storico e di primo piano, ma è noto che fra i democratici non a tutti andrebbe a genio Massimo D’Alema, a cominciare dai renziani. Amato, Marini e D’Alema sono comunque i tre nomi che tornano più pesantemente in campo, superata la fase del corteggiamento del M5S di Grillo da parte del Pd guidato da Bersani, corteggiamento che si associava a nomi potenzialmente graditi ai grillini come quello di Rodotà, Zagrebelsky e anche Prodi.
E così la questione della candidatura al Colle sembra voler preparare una soluzione alla crisi politica e al problema della formazione del governo, attraverso la scelta di una figura non vistosamente di parte e in grado di un confronto con quelle forze che rappresentano quel 70% di italiani che non hanno votato Pd alle elezioni dello scorso febbraio. Quindi prima di tutto dialogo con il Pdl. Partito dentro il quale si sono formulate per la successione a Napolitano le ipotesi di un bis, a cui lui però si è detto più volte indisponibile, ma si sono avanzati anche i nomi di Giuliano Amato, con gli irriducibili che vorrebbero Gianni Letta o Silvio Berlusconi, che proprio nelle ultime ore tuttavia ha detto di non chiedere incarichi per sé.
Alla triade Marini, Amato, D’Alema sempre più in auge nel Pd si affianca la coppia di nomi, connotata dal profilo di tecnici, dei due ministri uscenti Paola Severino e Anna Maria Cancellieri, che si sono fatte apprezzare in maniera bipartisan. Due nomi espressione dell’area del premier uscente Mario Monti. Un Monti che ancor prima che cominciasse il semestre bianco di Napolitano, quando in molti negli schieramenti politici lodavano il professore della Bocconi prestato alla politica, era visto lui stesso come candidato in pectore per il Quirinale. Salvo poi perdere quotazioni all’indomani della sua scelta di ‘salire’ in politica.
Cancellieri e Severino sono figure autorevoli e stimate anche all’interno del Pd. Ma non sono gli unici nomi ‘rosa’ che sono stati fatti per la corsa alla più alta carica dello Stato. C’è infatti quello di Emma Bonino, fatto da molti e diversi soggetti politici, nel Pd, nel M5S e anche nel Pdl (da Carfagna). Profilo trasversale quello della Bonino, ma radicale. Con quello che ne consegue, viste le sue posizioni su famiglia, diritti civili e fine vita, destinate a incontrare tanti, troppi veti forse, nel centrodestra e non solo.
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