Roma, 20 mar. (LaPresse) – Sarà l’uomo che, sino a tre mesi fa, era il Procuratore distrettuale nazionale antimafia, nominato da Silvio Berlusconi nel 2005 in contrapposizione a Gian Carlo Caselli, colui che Giorgio Napolitano incaricherà di sondare il terreno della politica sulla possibilità di un “governo per l’Italia”? Che sia proprio Pietro Grasso, ex pm e ora presidente del senato dopo essere stato eletto il 25 febbraio scorso come indipendente nel Pd, il personaggio più al centro del gossip politico che si svolge attorno alle prime consultazioni del Quirinale, non ci sono dubbi di sorta. Al punto che tra i commentatori ci si spinge a interpretare ogni parola della breve frase pronunciata proprio da Grasso questa mattina, dopo essere stato ricevuto per primo da Napolitano, alla ricerca spasmodica di conferme alla propria tesi: “Con il Capo dello Stato abbiamo espresso la concorde determinazione della necessità assoluta di dare un governo al Paese. Si inizieranno a percorrere tutte le strade per arrivare a questo obiettivo”. Dunque, quella “concordia con il Capo dello Stato” e quella volontà di “percorrere tutte le strade” per offrire una risposta “alla necessità assoluta di dare un governo al Paese” vengono adesso lette addirittura come una strategia già delineata da parte del Quirinale.

Venerdì 22 marzo dunque, terminate la sera prima le consultazioni con la precisa sensazione che un incarico a Pier Luigi Bersani non avrebbe in alcun modo la possibilità di raccogliere una maggioranza, secondo tale ricostruzione Napolitano chiederebbe proprio al neo presidente del Senato di svolgere un mandato esplorativo che potrebbe aumentare il periodo di ‘decantazione’, fatto di colloqui e di consultazioni informali, sino almeno a martedì 26 marzo. Con quale probabile esito? Se anche Grasso dovesse poi presentarsi a Napolitano con una sostanziale rifiuto, da parte dei vari gruppi politici, di appoggiare un governo, il presidente della Repubblica potrebbe concedere – a questo punto – una chance finale a Bersani: un’ipotesi, quest’ultima, giudicata da molti osservatori come una sorta di ‘resa’ in vista di un probabile nuovo scioglimento delle Camere da parte del futuro inquilino del Colle e, pertanto, di un quasi immediato ritorno alle urne. Molto diverso, invece, lo scenario che si delineerebbe nel caso in cui il ‘rapporto’ del presidente del Senato al Quirinale contenesse qualche elemento di ottimismo. A questo punto, le possibilità di sviluppo della situazione politico-istituzionale sarebbero di nuovo due. La prima fa riferimento all’eventualità che Grasso sia in grado di presentarsi a Napolitano affermando di aver colto qualche segnale favorevole a Bersani (e questo spiegherebbe, secondo alcuni, le indiscrezioni che filtrano da ambienti del Pd e secondo le quali sarebbe lo stesso segretario a proprorre di far svolgere una prima esplorazione al presidente del Senato) soprattutto tra i senatori di ‘Scelta Civica’, della stessa Lega Nord e tra gli esponenti dell’ala del Movimento 5Stelle più insofferenti nei confronti dei diktat del duo Grillo-Casaleggio.

Del tutto opposta, sarebbe invece l’ipotesi secondo la quale, il presidente del Senato, tornasse al Colle avendo ricevuto il mandato di presentare a Napolitano la possibilità di varare un governo di intese più larghe, sia nel senso di un alleanza più netta tra il centrosinistra e i grillini (con una presidenza affidata allo stesso Grasso, oppure – in alternativa – a giuristi come Stefano Rodotà (già presidente del Pds e oggi esponente del Pd non inviso ai M5S) o a Valerio Onida (costituzionalista e intellettuale di area cattolica), sia di un vero e proprio governo ‘di scopo’ appoggiato da Pd e Pdl ( con molte chance in più – in questo caso – di una leadership dell’esecutivo affidata al presidente del Senato). In ogni caso, un eventuale incarico a Grasso avrebbe certamente l’effetto di scatenare forti contrasti all’interno della coalizione di centrosinistra: con Vendola che – nello stesso colloquio di oggi pomeriggio con Napolitano – ha ribadito come unica possibilità quella di un’incarico a Bersani e la totale chiusura a Berlusconi; l’area dei ‘giovani turchi’ legati a Bersani che ritengono possibile invece, in caso di uscita di scena del segretario, solo le elezioni anticipate e, infine, i ‘fedelissimi’ di Renzi che non escludono le ‘larghe intese’ con la coalizione di Berlusconi e con Monti. Le maggiori speranze di alcuni ambienti del Pd, però, rimangono legate proprio alla possibilità che il nome di Grasso, segnato dallo spirito del rinnovamento (e dalla contestuale caduta dell’incarico a Bersani), possa aprire un’ulteriore breccia soprattutto nel Movimento 5Stelle. Il vero chiarimento, però, sarà possibile solo a partire da domani pomeriggio, quando davanti al capo dello Stato saranno sfilate le tre delegazioni decisive per questa difficilissima partita: quella del primo partito italiano, il M5S, e quelle guidate dai due leader divisi soltanto da una manciata di voti: Bersani (Pd) e Berlusconi (Pdl). Da quel momento, “tutte le strade percorribili” – se davvero esistono – saranno ben evidenti al presidente della repubblica.

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