Corruzione, incandidabili i condannati a più di due anni

Roma, 6 dic. (LaPresse) – Non potranno candidarsi al parlamento italiano e a quello europeo “coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, contro la Pubblica Amministrazione (ad esempio corruzione, concussione, peculato)”. E’ quanto si legge in una nota di palazzo Chigi, diramata al termine del Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al decreto legislativo sull’incandidabilità dei condannati a cariche elettive. Niente candidatura anche per “coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni di reclusione per i delitti, consumati o tentati, di maggiore allarme sociale (ad esempio mafia, terrorismo, tratta di persone)” e per “coloro che hanno riportato condanne definitive a pene superiori a 2 anni reclusione per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a 4 anni”. Per palazzo Chigi “si tratta, in questo caso, di tutte le fattispecie criminose più gravi per le quali è anche possibile applicare la custodia cautelare in carcere e che, secondo un principio di ragionevolezza e proporzionalità nella limitazione dell’elettorato passivo, sono state individuate sulla base di un indicatore oggettivo, predeterminato, senza operare alcuna selezione nell’ambito di una lista di reati che potrebbe apparire arbitraria”.

“L’incandidabilità alla carica di senatore, deputato o parlamentare europeo ha effetto per un periodo corrispondente al doppio della durata della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici. Anche in assenza della pena accessoria, l’incandidabilità non è inferiore a sei anni”, si legge nella nota. “Altrettanto – prosegue la nota – vale per gli incarichi di Governo nazionale. In tutti i casi, se il delitto è stato commesso con abuso dei poteri o in violazione dei doveri connessi al mandato, la durata dell’incandidabilità o del divieto di incarichi di Governo è aumentata di un terzo”. Le norme sull’incandidabilità valgono anche quando la sentenza definitiva dispone l’applicazione della pena su richiesta (patteggiamento), ma in nessun caso l’incandidabilità può essere determinata da un patteggiamento intervenuto prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina. La sentenza di riabilitazione – prosegue la nota – è l’unica causa di estinzione anticipata sull’incandidabilità e ne comporta la cessazione per il periodo di tempo residuo.