Roma, 4 dic. (LaPresse) – Dopo 4 ore di camera di Consiglio, i giudici della Consulta, chiamati ad esprimersi sul conflitto di attribuzione fra i poteri dello Stato, hanno accolto la richiesta dell’Avvocatura dello Stato, che rappresenta il Colle. Quindi per la Consulta le intercettazioni “fortuite e indirette” del Capo dello Stato vanno distrutte.

I giudici della Consulta, chiamati a esprimersi sul conflitto di attribuzioni far i poteri dello Stato nella cosiddetta indagine Stato-Mafia ritengono che non spetti alla procura di Palermo valutare la rilevanza delle intercettazioni telefoniche del Presidente della Repubblica. E pertanto, come richiesto oggi dai legali che rappresentano il Quirinale, quelle intercettazioni vanno “distrutte” perché “lesive delle prerogative che la Costituzione attribuisce al capo dello Stato”.

La Corte costituzionale “in accoglimento del ricorso per conflitto proposto dal Presidente della Repubblica ha dichiarato che non spettava alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo di valutare la rilevanza della documentazione relativa alle intercettazioni delle conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica, captate nell’ambito del procedimento penale numero 11609/08 e neppure spettava di omettere di chiederne al giudice l’immediata distruzione ai sensi dell’articolo 271, 3° comma, c.p.p. e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del loro contenuto, esclusa comunque la sottoposizione della stessa al contraddittorio delle parti”. Lo riferisce una nota della Consulta. I giudici quindi hanno dato ragione agli avvocati che rappresentavano, stamattina, il Quirinale, i quali hanno ribadito che le intercettazioni fatte al Capo dello Stato sono illegittime poiché ledono la riservatezza del Colle.

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