Fecondazione, governo fa ricorso contro sentenza Corte Strasburgo

Roma, 28 nov. (LaPresse) – Il governo ha presentato alla Corte europea dei diritti dell’uomo, la domanda per il riesame della sentenza del 28 agosto 2012, con cui la Corte stessa aveva di fatto bocciato il divieto italiano di effettuare diagnosi preimpianto sugli embrioni. La decisione del governo “si fonda – spiega Palazzo Chigi in una nota – sulla necessità di salvaguardare l’integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale, e non riguarda il merito delle scelte normative adottate dal Parlamento né eventuali nuovi interventi legislativi”.

“La domanda di rinvio, infatti, spiega Palazzo Chigi, “si è resa necessaria in quanto l’originaria istanza è stata avanzata direttamente alla Corte europea per i diritti dell’uomo senza avere prima esperito – come richiede la Convenzione – tutte le vie di ricorso interne e senza tenere nella necessaria considerazione il margine di apprezzamento che ogni Stato conserva nell’adottare la propria legislazione, soprattutto rispetto a criteri di coerenza interni allo stesso ordinamento”. “La Corte – conclude Palazzo Chigi – ha deciso di non rispettare la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni, ritenendo che il sistema giudiziario italiano non offrisse sufficienti garanzie”.

Con la sentenza del 28 agosto scorso, la Corte europea per i diritti dell’uomo era intervenuta sul caso di Rosetta Costa e Walter Pavana, che nel 2006 erano diventati genitori di una bambina affetta da fibrosi cistica. Soltanto in quel momento avevano scoperto di essere portatori sani della malattia. Quattro anni dopo, nel 2010, la coppia aveva scoperto di essere in attesa di un secondo figlio, risultato malato dai test prenatali. Da lì la decisione di abortire e, contestualmente, il ricorso alla Corte di Strasburgo, che aveva definito “incoerente” il sistema legislativo italiano.

La legge 40, infatti, che regola la procreazione medicalmente assistita, vieta la diagnosi preimpianto e permette l’accesso alle cure e tecniche assistite soltanto alle coppie che non possono avere figli e non a quelle portatrici di malattie genetiche. La legge 194 permette l’interruzione di gravidanza se ci sono pericoli seri per la salute della mamma o del bambino. La coppia Costa-Pavana, nonostante fosse portatrice di fibrosi cistica, era in grado di avere figli e quindi non ha potuto fare ricorso alla fecondazione assistita. Da qui la decisione di rivolgersi alla Corte di Strasburgo, che ha bocciato il divieto italiano di effettuare diagnosi preimpianto sugli embrioni.