Imu, Consiglio di Stato boccia decreto del Tesoro su immobili chiesa

Roma, 8 ott. (LaPresse) – Il Consiglio di Stato ha bocciato il decreto del Tesoro per l’applicazione dell’Imu agli enti non commerciali, compresi quelli di proprietà della Chiesa.

L’organo supremo della giustizia amministrativa contesta al decreto il regolamento con cui si prova a definire quando un’attività sia commerciale o non lo sia. Si tratta della discriminante attorno a cui scatta il pagamento o no dell’Imu in quegli immobili ad uso misto, ad esempio le scuole religiose con una chiesa al loro interno, oppure gli alberghi e le strutture sanitarie gestiste da ordini religiosi. Il Consiglio di Stato contesta al Tesoro il diritto a fare distinzioni di questo tipo, ed evidenzia altresì che mancano in materia norme precise. Su questo secondo punto il Consiglio boccia il decreto anche tenendo conto che la Commissione europea nel 2010 avviò un’indagine sull’esenzione dell’allora Ici, ed ecco perché “impone estrema prudenza nell’individuare lo strumento idoneo a fare chiarezza sulla qualificazione di una attività come non commerciale”. Il Consiglio di Stato, nella motivazione dell’odierna bocciatura fa riferimento all’opacità di alcuni criteri per l’esenzione, ad esempio quelli “dell’accreditamento o convenzionamento con lo Stato per le attività assistenziali e sanitarie o ai diversi criteri stabiliti per la compatibilità del versamento di rette con la natura non commerciale dell’attività”.

In alcuni casi invece nel decreto “è utilizzato il criterio della gratuità o del carattere simbolico della retta (attività culturali, ricreative e sportive); in altri il criterio dell’importo non superiore alla metà di quello medio previsto per le stesse attività svolte nello stesso ambito territoriale con modalità commerciali (attività ricettiva e in parte assistenziali e sanitarie); in altri ancora il criterio della non copertura integrale del costo effettivo del servizio (attività didattiche)”. Secondo il Consiglio “non è questa la sede per verificare la correttezza di ciascuno di tali criteri, ma la loro diversità e eterogeneità rispetto alla questione dell’utilizzo misto conferma che si è in presenza di profili, che esulano dal potere regolamentare in concreto attribuito”. Ovvero il Tesoro si è avocato competenze che non gli spettano, come spiega la sentenza: “l’amministrazione ha compiuto alcune scelte applicative, che non solo esulano dall’oggetto del potere regolamentare attribuito, ma che sono state effettuate in assenza di criteri o altre indicazione normative atte a specificare la natura non commerciale di una attività”. Ecco perché: “Non è demandato al Ministero di dare generale attuazione alla nuova disciplina dell’esenzione Imu per gli immobili degli enti non commerciali”. Tocca quindi ora al Governo tutto, scrivere una norma che definisca, una volta per tutte, cosa sia commerciale e cosa non lo sia, e da lì stabilire se e quanto sia l’importo dell’Imu da pagare. Il decreto bocciato prevedeva che quando era possibile individuare gli immobili o le porzioni di immobili adibiti esclusivamente a attività di natura non commerciale, l’esenzione si applicava solo alla frazione di unità in cui tale attività si svolge. Quando, invece, “tale individuazione non risulta possibile, l’esenzione si applica in proporzione all’utilizzazione non commerciale dell’immobile quale risulta da apposita dichiarazione”.