Spending review, via libera a riordino Province

Roma, 27 lug. (LaPresse) – La commissione Bilancio del Senato ha dato il via libera all’emendamento dei relatori al decreto legge sulla spending review che prevede il riordino “di tutte le Province delle Regioni a statuto ordinario”. Le Province non saranno più “soppresse o accorpate”, ma “oggetto di riordino”. Restano invariati i criteri minimi deliberati dal governo per la sopravvivenza delle province stesse: dimensione territoriale non inferiore a 2.500 chilometri quadrati e popolazione residente non inferiore a 350mila abitanti. La commissione Bilancio di palazzo Madama ha dato inoltre il via libera a un subemendamento, presentato dal Pd, che fa valere il principio di continuità territoriale per quei comuni che si vogliono spostare da una Provincia all’altra al momento del riordino.

In base a un emendamento dei relatori Gilberto Pichetto Fratin (Pdl) e Paolo Giaretta (Pd), all’articolo 17 del decreto sulla spending review sarà il consiglio delle autonomie locali (Cal) di ogni Regione a decidere come riordinare le Province all’interno del proprio territorio. Fermi restando i requisiti minimi deliberati dal Consiglio dei ministri lo scorso 24 luglio i Cal avranno settanta giorni di tempo dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto per “approvare un’ipotesi di riordino relativa alle provice ubicate nel territorio della rispettiva regione” e inviarla (il giorno successivo all’approvazione) alla Regione.

Quest’ultima poi, entro 20 giorni, deve trasmettere l’ipotesi di riordino al governo. Se, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, continua il testo della proposta di modifica, “una o più proposte di riordino delle regioni non sono pervenute al governo” sarà un atto legislativo di iniziativa governativa assunto previo parere della conferenza unificata a provvedere al riordino.

“Le ipotesi e le proposte di riordino – sottolinea il testo dell’emendamento – tengono conto delle eventuali iniziative comunali volte a modificare le circoscrizioni provinciali esistenti”, ma restano fermi i requisiti minimi “come esistenti alla data di adozione della deliberazione” del decreto. Le 48 Province delle Regioni a statuto ordinario che ad oggi non possiedono i requisiti minimi, insomma, non potranno modificare le circoscrizioni provinciali nel tentativo di sopravvivere senza procedere ad un accorpamento con altra provincia. Per il relatore Pd, Paolo Giaretta, si tratta solo di un generico cambiamento “linguistico”, messo nero su bianco per “non dare la sensazione che ci fossero province che vincono e altre che perdono”. Anche il governo non vede cambiamenti sostanziali. Le Province che non hanno i requisiti minimi, assicurano dallo staff del ministro Patroni Griffi, “non potranno salvarsi dal taglio”. “Entro fine anno – assicurano – la geografia del Paese sarà ridisegnata”.

Non si salvano le tre ‘miniprovince’ di Terni, Isernia e Matera. Dopo un lungo braccio di ferro con il governo, infatti, i relatori del decreto legge sulla spending review hanno deciso di non inserire nell’emendamento all’articolo 17 del testo (quello che si occupa delle razionalizzazione di questi enti locali) una proposta di modifica per salvaguardare le Regioni che rischiano di rimanere con una sola provincia (Umbria, Basilicata e Molise, appunto).

Sul riordino delle Province, previsto nel decreto sulla spending review, occorre “superare resistenze e timidezze” e “guardare avanti”. Lo ha detto il ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, parlando con i giornalisti al Senato, a margine dei lavori della commissione Bilancio sul decreto legge relativo alla spending review. “La sfida storica della riorganizzazione – ha sottolineato il ministro – va raccolta nei territori”.