Roma, 4 giu. (LaPresse) – “Mi è venuta un’idea, che dovrò discutere con i provveditori e i direttori, quella di rendere utile la popolazione carceraria per i lavori della ripresa del territorio”. Lo ha annunciato il ministro della Giustizia Paola Severino durante la sua visita al carcere di Bologna. Subito è arrivata la risposta di Coldiretti: “E’ benvenuto – scrive l’organizzazione in una nota – l’aiuto dei detenuti alla ricostruzione nelle campagne colpite dal terremoto dove più difficile è la ricognizione dei danni e più complesse le possibilità di intervento per la presenza diffusa delle aziende sul territorio colpito”. Per Coldiretti sarebbero molte le possibilità di collaborazione con gli agricoltori colpiti dal sisma nelle campagne dove “l’emergenza continua nelle case rurali, fienili e capannoni danneggiati, nelle stalle con gli animali terrorizzati e senza latte e nelle campi dove manca l’acqua per irrigare. Le esperienze di collaborazione che abbiamo avviato con le carceri in passato – conclude la Coldiretti – si sono sempre dimostrate molto proficue per il settore agricolo che è stato duramente colpito dal sisma con danni superiori al mezzo miliardo di euro”.
“Abbiamo fatto in modo – ha spiegato poi la Severino – che tutte le celle rimangano aperte di giorno e di notte. Non possiamo raggiungere al carcerato anche l’angoscia della claustrofobia”. Inoltre, ha spiegato, “questa mattina abbiamo disposto alcuni spostamenti fuori dall’area, per alleggerire il numero dei detenuti e dare sollievo in una situazione già difficile. Dalle carceri di Bologna e Modena saranno spostati 300-350 circa detenuti che andranno fuori regione”.
Critica sulle parole del ministro l’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria): “Quali che siano i progetti dichiarati ed i risultati vantati dalla guardasigilli Severino – ha sottolineato il segretario Leo Beneduci – in Italia permangono quasi 21mila detenuti in più dei posti disponibili (66.528 presenze per 45.584 posti) con un popolazione detenuta che è composta per il 36% da detenuti stranieri (4.847 dal Marocco, 3.036 dalla Tunisia, 2.831 dall’Albania) e per il 40% da detenuti ancora in attesa di giudizio definitivo”.