Roma, 5 mar. (LaPresse) – Segretari della maggioranza al lavoro sulla bozza delle riforme costituzionali, messa a punto dai ‘tecnici’ del Pd Luciano Violante, del Pdl Gaetano Quagliariello, dell’Udc Ferdinando Adornano, di Fli Italo Bocchino e di Api Pino Pisicchio.
Secondo il responsabile delle Riforme del Nazzareno, il testo, “con l’accordo dei partiti” potrebbe cominciare il suo iter “entro marzo, per avere entro giugno il voto al Senato ed entro i primi di agosto il voto alla Camera”. La condivisione di intenti sembra infatti quasi scontata tra Pier Luigi Bersani, Angelino Alfano e Pier Ferdinando Casini, che proprio in settimana dovrebbero incontrarsi in un vertice dell’Abc per dare l’ok definitivo al testo. Spetterà poi al governo, spiega Violante a Il Sussidiario.net “di interessarsi delle questioni economico-finanziarie mentre il Parlamento si occuperà di quelle istituzionali”.
La bozza dopo il via libera dei partiti sarà trasformata in un unitario disegno di legge costituzionale che aprirebbe la strada in tempi rapidi a un progetto di legge, con il fine ultimo di cambiare la legge elettorale. L’accordo prevede la riscrittura degli articoli 56 e 57 della Costituzione, quelli che stabiliscono il numero dei parlamentari e le norme di elezione di Camera e Senato. L’assemblea di Montecitorio passerebbe dagli attuali 630 deputati a 508 (8 da eleggere in un’unica circoscrizione denominata “Estero”). I senatori verrebbero ridotti dagli attuali 315 a 254 (4 da eleggere all’estero). Si prevede anche di abbassare l’età utile per essere candidati ed eletti: 21 anni per Camera rispetto agli attuali 25, 35 anni per il Senato rispetto agli attuali 40. Ogni Regione non potrà avere meno di 5 senatori eletti per l’assemblea di Palazzo Madama.
La bozza di accordo mette fine al bicameralismo perfetto. Violante illustra infatti le ipotesi presentate nel testo: “La prima ipotesi prevede che siano i presidenti delle Camere ad attribuire i disegni di legge all’una o all’altra aula; la seconda che le competenze esclusive dello Stato siano attribuite in prima lettura alla Camera, mentre quelle delle Regioni, previste dal III comma, siano attribuite al Senato. Fermo restando il potere di richiamo. Ovvero, il ramo del Parlamento che non ha esaminato il provvedimento può chiedere di farlo se l’istanza proviene da almeno un terzo dei suoi membri”. Il documento su cui si è raggiunto l’accordo prevede che sia affidato al regolamento di ogni ramo del Parlamento stabilire i procedimenti abbreviati per i testi dei quali viene dichiarata l’urgenza.
Fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera “se il governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della Commissione richiedono che sia discusso e votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto”. Per quanto riguarda i disegni di legge costituzionali ed elettorali, di delegazione legislativa, di concessione di amnistia e indulto, di autorizzazione e ratifica dei trattati internazionali, di approvazione di bilanci e per la Comunitaria, si prevede che sia “necessario il sì di entrambi i rami del Parlamento”. Se un disegno di legge approvato da una Camera deve essere trasmesso all’altra, si intende approvato se entro quindici giorni quest’ultima non delibera di disporne il riesame su proposta di un terzo dei suoi componenti.
La Camera che riesamina il disegno di legge deve dire sì o no entro un limite di 30 giorni, passati i quali, anche se non c’è un voto, il testo si intende definitivamente approvato. In caso di modifiche, il disegno di legge torna alla prima Camera che delibera il via libera definitivo. Il governo può decidere che un ddl sia iscritto con priorità all’ordine del giorno della Camera che deve esaminarlo e votarlo entro un certo termine. Per quanto riguarda i poteri del premier, quest’ultimo può chiedere al presidente della Repubblica di sciogliere le Camere, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, salvo che entro 15 giorni dalla proposta sia la Camera sia il Senato approvino una mozione di “sfiducia costruttiva”.
Nella bozza si parla infatti di “sfiducia costruttiva”, una mozione che deve essere sottoscritta da almeno un terzo dei componenti di ciascuna Camera, debba contenere l’indicazione del nuovo premier e non possa essere discussa prima di tre giorni dalla sua presentazione. Per la sfiducia costruttiva si prevede che serva la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera. Qualora la mozione di sfiducia fosse approvata solo dalla Camera o dal Senato, il potere di scioglimento delle Camere resterebbe tra le prerogative del capo dello Stato. Quanto all’iniziale voto di fiducia, resta previsto quello di entrambe le Camere.