Monti: Risanare Italia? Difficilissimo

Roma, 17 nov. (LaPresse) – Rilanciare la crescita e salvare l’Italia dalla crisi è “un compito difficilissimo”, con margini di successo “ridotti” a causa delle “contrapposizioni tra le forze politiche”, ma “sono qui”. Il neo presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, parlando in aula al Senato, non usa mezze parole per dirsi pronto alla sfida che lo attende, invitando i senatori a cogliere “insieme” l’opportunità, attraverso un confronto “costruttivo”. La scommessa, oltre che sul piano economico, per l’ex commissario europeo si gioca anche su quello politico. Non a caso Monti sceglie la dizione “governo nazionale”, spiegando che questo termine “significa assumere su di sè il compito di rinsaldare le relazioni civili e istituzionali, fondandole sul senso dello Stato”.

Un concetto più volte ribadito nei 44 minuti del suo discorso, durante il quale il senatore a vita evidenzia che il governo vuole aiutare la politica “a superare una fase di dibattito molto acceso e prendere insieme, senza alcuna confusione delle responsabilità, provvedimenti all’altezza della situazione difficile che il Paese attraversa”. Per questo, spiega, “il governo nasce non certo con la supponenza di chi è considerato tecnico e viene a dimostrare una superiorità della tecnica. Al contrario, spero che il mio governo e io potremmo, nel periodo che ci viene messo a disposizione, contribuire in modo rispettoso a riconciliare maggiormente i cittadini alle istituzioni”.

Niente ministri politici sì, ma profondo rispetto per il parlamento che è “cuore pulsante di ogni politica di governo”, a cui riconoscere “dignità, credibilità e autorevolezza”. Non c’è tempo per la diatriba tra i partiti, perchè gli sforzi fatti dal Paese negli ultimi vent’anni sono stati annullati “dalla mancanza di crescita” e senza riforme “la spontanea evoluzione della crisi finanziaria ci sottoporrà tutti, soprattutto i più deboli, a condizioni ben più dure”. E per ripartire, secondo Monti, “dobbiamo convincere gli investitori internazionali che abbiamo imboccato la strada di una riduzione graduale, ma durevole, del rapporto tra il debito pubblico e il Pil”, riaffermando il ruolo dell’Italia in Europa.

E’ proprio l’Unione europea a rappresentare, per il senatore a vita, la cornice necessaria all’interno della quale operare: “La gestione della crisi – spiega – ha risentito di un difetto di government che dovrà essere superata con azioni europee, ma solo se riusciremo a evitare che qualcuno ci consideri l’anello debole dell’Europa, potremmo partecipare, con pieno titolo, alle riforme, altrimenti saremo soci di un progetto a cui avranno contributo Paesi che, oltre all’Europa, hanno a cuore anche gli interessi nazionali”. Un ragionamento accompagnato dalla considerazione che l’Italia ha pagato di più la crisi anche per problemi antecedenti: “La debolezza della nostra economia – ha detto – precede l’avvio della crisi, dato che il prodotto interno lordo è cresciuto del 6,7% dal 2001 al 2007, contro il 12% della media dell’area dell’euro”.