Roma, 7 nov. (LaPresse) – Mentre si rincorrono le voci sul possibile passo indietro di Silvio Berlusconi, con le smentite che lo stesso premier ha provveduto a far recapitare a chi tra i personaggi a lui vicino lo vedeva già al Colle a rimettere il mandato nelle mani di Napolitano, nei corridoi di Montecitorio, e non solo, si ragiona su quali saranno le evoluzioni che fin da domani, dopo il voto sul Rendiconto generale dello Stato, potrebbero portare alla formazione di un nuovo esecutivo. Escludendo un Berlusconi bis, strada che al momento non sembra più percorribile, gli scenari per il post Cavaliere sono sostanzialmente quattro.
L’ipotesi di un governo tecnico è fra quelle più gettonate nell’opposizione. Guidato da una personalità autorevole e rispettata in Europa, senza legami partitici, garantirebbe la possibilità di proseguire la legislatura, almeno per approvare i provvedimenti considerati più importanti: le misure richieste dall’Europa per rilanciare l’economia e la nuova legge elettorale. Alla base dovrebbe però esserci una coesione fra tutte le forze dell’opposizione (quasi una mission impossible) e il benestare di una parte cospicua della rappresentanza parlamentare del Pdl, di certo più grande dell’attuale pattuglia dei malpancisti. Ci si potrebbe arrivare con la mozione di sfiducia, su cui le opposizioni stanno ragionando in queste ore, da presentare dopo l’approvazione del rendiconto.
A guidare il governo tecnico potrebbe essere uno tra Mario Monti e Giuliano Amato, con l’ex Commissario europeo in netto vantaggio. Un mandato esplorativo al presidente del Senato, Renato Schifani, o in alternativa un esecutivo a guida Gianni Letta, potrebbero essere ipotesi gradite a Silvio Berlusconi ma, per una tenuta diversa da quella offerta dall’attuale maggioranza sarebbe necessario un apertura al Terzo polo (nello specifico all’Udc). Ma se da una parte il Cavaliere non sembra avere nessuna intenzione di riappacificarsi con Gianfranco Fini, dall’altra Pier Ferdinando Casini ha confermato, soltanto ieri nella convention terzo polista del Salone delle fontane, l’asse con il Pd di Pier Luigi Bersani per un esecutivo politico di tutti con guida super partes.
Un governo di unità nazionale, non tecnico ma pienamente politico perché frutto di una scelta consapevole dei maggiori partiti (probabile l’esclusione di Lega e Idv). Come il governo tecnico, anche questa soluzione presuppone un’ampia e trasversale convergenza delle forze politiche. A guidarlo dovrebbe essere una figura politica di “grande autorevolezza” e bene accetta ad entrambi gli schieramenti. Toccherebbe a Napolitano individuare il nome, ma è facile pensare che nelle attuali condizioni nessuno dei “big” ambisca a sistemarsi alla guida di palazzo Chigi con la prospettiva di bruciarsi e trasformarsi in un “cavallo spompato” per la prossima tornata elettorale.
L’ultimo scenario possibile (per il quale spingono lo stesso Berlusconi, la Lega, l’Italia dei Valori e forze extraparlametari come Sel di Nichi Vendola) è quello del voto anticipato: si apre formalmente la crisi di governo, le consultazioni del presidente della Repubblica vanno a vuoto e non riuscendo a trovare una soluzione parlamentare per terminare la legislatura la soluzione rimane lo scioglimento delle Camere. Calcolando i tempi tecnici di scioglimento del Parlamento, si potrebbe andare alle urne già a fine gennaio, sebbene appaia più plausibile che si voti in primavera.