Roma, 28 lug. (LaPresse)- C’era anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella basilica di Santa Maria degli angeli e dei martiri a rendere omaggio a David Tobini, il 41° italiano morto in Afghanistan. Il presidente della Repubblica durante lo scambio del segno della pace è andato a salutare i genitori primo caporalmaggiore che era nato a Roma il 23 luglio 1983 ed era in forza al 183° reggimento paracadutisti “Nembo” di Pistoia. Napolitano ha stretto le mani ai parenti di Tobini rivolgendogli qualche parola. Nella basilica c’era anche Francesco Arena, il caporal maggiore rimasto ferito nel conflitto a fuoco, con il braccio ingessato al collo.
“I nostri soldati, custodi della vita, presenti nei teatri operativi, con serietà e determinazione,anche per salvaguardare il significativo ruolo internazionale dell’Italia, non sono certo aiutati né dalle nostre sensibilità altalenanti, né da interessi di parte, né da comportamenti intenti solo a mercanteggiare” ha detto monsignor Vincenzo Pelvi, ordinario militare, durante l’omelia.
“Se aprissimo la mente e il cuore – prosegue monsignor Pelvi – alle lacrime e al sangue dei nostri militari favoriremmo una maggiore comprensione reciproca e una ricerca comune del bene che unisce. Purtroppo corriamo il rischio serio, che ci si possa accontentare di ciò che abbiamo, considerandoci degli arrivati, chiudendoci in un isolamento egoistico di fronte alla storia che matura, cadendo nella superficialità, nell’abitudine e nell’insipienza”.
“La pace – dice ancora monsignor Pelvi – rischia talvolta di essere considerata solo come frutto di accordi tra governi o di iniziative volte ad assicurare efficienti aiuti economici. E’ vero che la costruzione della pace esige la costante tessitura di contatti diplomatici, di scambi economici e tecnologici, di incontri culturali, di accordi su progetti comuni, come anche l’assunzione di impegni condivisi per arginare le minacce di tipo bellico e sradicare alla radice le ricorrenti tentazioni terroristiche. Ma perché tali sforzi – conclude l’ordinario militare – possano produrre effetti duraturi, è necessario che si appoggino su valori radicati nell’amore alla vita”.
“Occorre proteggere l’orizzonte dell’umanità e mostrare come la fiducia nelle istituzioni internazionali sia l’unica possibilità per uscire dalla logica chiusa delle nazioni” ha aggiunto monsignor Vincenzo Pelvi. “Solo motivazioni di carattere etico, cioè la consapevolezza di appartenere all’umanità in quanto tale, possono aprire l’animo alla conoscenza del vero bene umano” ha concluso.