Rileggere Donat-Cattin per capire il futuro

Torino, 18 lug. (LaPresse) – Rileggere il pensiero di Carlo Donat-Cattin come “occasione per riflettere oggi sul futuro del Piemonte e dell’Italia”. E’ il senso, spiegato dal figlio dell’intellettuale e politico scomparso, Claudio Donat-Cattin, del libro, presentato questa sera a Torino, “Carlo Donat-Cattin e Torino. Giornalista sindacalista amministratore pubblico”. Un volume dato alle stampe da Edizioni Lavoro promosso dalla Fondazione Donat-Cattin, con saggi di Giuseppe Bracco, Walter Crivellin e Stefano Musso. “A vent’anni dalla scomparsa di mio padre – ha spiegato – presentiamo questo volume perché è un’occasione per riscoprire l’uomo e la generazione che ha contribuito a far uscire Torino dalle macerie della guerra e a trasformarla in metropoli. Racconta una vita spesa al servizio della comunità, senza timore di sfidare l’egemonia della sinistra nè il potere della Fiat. La Fondazione Donat-Cattin vuole fare memoria del passato e interrogandosi sul futuro”.

“Carlo Donat-Cattin è un esempio ancora oggi di rigore morale, eclettismo, coraggio, creatività e intuizione”, ha detto il vicepresidente della Compagnia di San Paolo, Luca Remmert, intervenendo alla presentazione. “Fu l’interprete – ha aggiunto – di una generazione grazie a cui si riuscì ad avere la Torino di oggi. L’insegnamento per il futuro è la sua eredità più importante”.

“Abbiamo voluto aiutare – ha spiegato – con un contributo la realizzazione del libro per lo spessore della figura e perchè questa è una pubblicazione che rappresenta un risultato importante. Alla lettura del libro emerge un grande insegnamento, nel tratteggiare Carlo Donat-Cattin ci sono molte risposte alla Torino di oggi”.

Per il sottosegretario ai trasporti Mino Giachino, occorre dare maggiore spazio nelle scuole e sui libri di storia alla figura di Carlo Donat-Cattin. Giachino fu un giovane collaboratore dell’intellettuale e politico scomparso venti anni fa. Donat-Cattin “fu un personaggio enorme – ha spiegato – e come Moro e Fanfani fece cose straordinarie, occorre rivedere che spazio ha nei libri di storia. Nel ’69 e nel ’70 ebbe ruoli straordinari nel gestire l’autunno caldo e il contratto nazionale del metalmeccanici. Mi arrabbio per la sottovalutazione della sua figura nel mondo giornalistico e politico. Lui cambiò le condizioni nelle fabbriche. Questo va scritto nei libri di storia per non perdere un pezzo di Paese. Questo libro ci aiuta a leggere Torino e il Piemonte nel loro futuro”.

“Ho conosciuto Carlo Donat-Cattin per interposta persona”, ha raccontato il segretario torinese della Cisl Nanni Tosco. “Mio padre – ha spiegato – mi raccontava di lui la domenica, lo descriveva come un personaggio forte da tutti i punti di vista, che rappresentava per il sindacalismo un punto di riferimento, un sindacalismo che non era antipadronale ma autonomo dal padrone, e anche pero’ alternativo al rosso comunista”.

“In Cisl allora – ha continuato – sapevano di essere minoranza ma di essere un progetto di maggioranza. Bisognava avere il coraggio di fare un sindacato vincendo le ostilità del padronato e del concorrente maggiore. Carlo in quegli anni ebbe coraggio, non come prova di forza ma di carattere pacifico. Non vuol dire non essere combattivi. Lui fu un dirigente sindacale di punta di questo mondo”. “E’ molto attuale – ha ancora aggiunto – il dibattito di allora, se riconoscere il sindacato tramite una legge. Allora era il dopoguerra, oggi siamo in una situazione simile perché viviamo un periodo di ricostruzione con grandi ingiustizie da risanare e il problema della crescita”.