Il governatore della Banca d'Italia ricorda come gli obiettivi di neutralità climatica richiedano una mole ancora più elevata di finanziamenti per modificare radicalmente il modo in cui produciamo, trasportiamo e utilizziamo energia

“Le autorità di supervisione stanno  adottando iniziative  per  spingere  banche e  altri intermediari a  dotarsi di opportuni presidi per misurare, monitorare e gestire i  rischi finanziari derivanti dal cambiamento climatico. All’inizio di questa settimana la Bce ha pubblicato un rapporto in cui si evidenzia come gli intermediari significativi europei, nonostante i notevoli sforzi profusi negli ultimi anni e la consapevolezza della rilevanza di questi temi, siano ancora lontani dal disporre di assetti organizzativi in linea con le aspettative del supervisore”. Così Ignazio Visco, Governatore di Banca d’Italia, al convegno dell’Associazione Europea del Diritto Bancario e finanziario.
 
“Gli obiettivi di neutralità climatica da raggiungere nei prossimi decenni – osserva Visco – richiedono, peraltro, una mole ancora più elevata di finanziamenti al fine di modificare radicalmente il modo in cui produciamo, trasportiamo e utilizziamo energia. Secondo l’Agenzia internazionale dell’energia, entro il 2030 gli investimenti in tecnologie pulite dovranno triplicare a livello globale, raggiungendo i 4.000 miliardi di dollari. Per mobilitare una tale quantità di risorse occorre il pieno coinvolgimento del sistema finanziario, oggi frenato dalla scarsa qualità delle informazioni sui rischi legati al clima, che risulta decisamente inferiore a quella dei dati di natura finanziaria, come quelli che riguardano i rischi di credito e di mercato. Questo problema è in parte originato anche dalla mancanza di una definizione generalmente accettata del rischio di sostenibilità. Nel caso del rischio di credito, ad esempio, la definizione comune considerata dagli investitori porta a una elevata correlazione dei meriti di credito assegnati alle imprese dalle diverse agenzie di rating”. Così Ignazio Visco, Governatore di Banca d’Italia, al convegno dell’Associazione Europea del Diritto Bancario e finanziario.
 
 “Per il rischio di sostenibilità – prosegue il governatore della Banca d’Italia – invece, l’esistenza di definizioni molto diverse, che vanno da quelle che considerano solo gli effetti finanziari nel breve termine a quelle che contemplano anche l’impatto a più lungo termine, si riflette in una correlazione bassa tra i cosiddetti punteggi ESG (Environmental, Social, Governance) assegnati dalle diverse agenzie specializzate. Migliorare la valutazione di rischi finanziari legati al clima, facilitandone l’integrazione negli investimenti, richiede dunque di colmare le lacune nei dati,  ampliandone la diffusione da parte delle imprese. Attualmente, la disponibilità di informazioni è limitata alle grandi aziende”.
 
“Le imprese più piccole, che spesso operano in settori meno inquinanti, potrebbero pertanto perdere l’opportunità di raccogliere capitali a costi inferiori; per alleggerire l’onere della raccolta e della divulgazione dei dati sulla sostenibilità delle loro attività andrebbe intensificato il ricorso alle tecnologie digitali, in grado di fornire soluzioni innovative, creative ed efficienti. Una maggiore quantità e qualità delle informazioni sulla sostenibilità è fondamentale anche per garantire che il mercato funzioni in modo efficiente. Solo in questo modo le imprese con le migliori pratiche di sostenibilità potranno beneficiare di condizioni di finanziamento più favorevoli, mentre quelle che tarderanno ad adeguarsi saranno penalizzate fino a che non intraprenderanno azioni più credibili o ambiziose per la transizione ecologica. Migliori informazioni sono essenziali anche per prevenire il rischio di greenwashing, che si materializza quando si comunica in modo ingannevole la presunta sostenibilità delle proprie strategie”, aggiunge Visco.

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