IN AGGIORNAMENTO – Non si arresta l’impegno di Joe Biden nel cercare di raggiungere una tregua nella Striscia. Il presidente americano ha parlato con il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi e l’emiro del Qatar Tamim Bin Hamad Al-Thani per un accordo sul cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu dal canto suo ha avvertito di aver intenzione di lanciare un’offensiva su Rafah “con o senza intesa”. Tel Aviv nel frattempo non smette di colpire Gaza: almeno 47 persone sono state uccise e 61 sono rimaste ferite nei raid di ieri.
Il ministro israeliano degli Interni, Moshe Arbel, avrebbe vietato l’ingresso nello Stato ebraico e nella Striscia di Gaza al Commissario generale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini. Lo riporta la tv israeliana Kan secondo cui Lazzarini aveva chiesto il visto per entrare in Israele e nell’enclave ma la richiesta è stata rifiutata. Tel Aviv ha accusato alcuni dipendenti dell’Unrwa di essere coinvolti nell’attacco del 7 ottobre 2023 di Hamas.
“Israele ha fatto una proposta seria e ora Hamas deve agire: basta con i rinvii, basta con le scuse“. Lo ha detto il segretario di Stato americano, Antony Blinken, citato da media internazionali. Blinken ha affermato che la Striscia di Gaza ha bisogno di un supporto completo che comprenda anche gli aspetti sanitari. In questo momento, ha sottolineato, l’attenzione è focalizzata su un possibile cessate il fuoco per l’arrivo di maggiori aiuti umanitari.
“Non vogliamo vedere una grande” operazione di terra a “Rafah che metterebbe a rischio la vita di più di un milione di persone”. Lo ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa John Kirby. Lo riporta Al Jazeera. Parlando dei negoziati in corso, Kirby ha sottolineato che “non ci possono essere dubbi sulla serietà degli israeliani nel negoziare la nuova proposta di accordo sugli ostaggi”.
La Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aia “non ha alcuna autorità sullo Stato di Israele. La possibilità che emetta mandati di arresto per i crimini di guerra contro i comandanti delle forze israeliane di difesa e i leader statali, questa possibilità è uno scandalo storico”. Lo ha detto il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, citato da Ynet. “Ottant’anni dopo l’Olocausto gli organismi internazionali stanno pensando di negare allo Stato ebraico il diritto di difendersi da coloro che sono arrivati e stanno ancora lavorando apertamente per commettere un genocidio nei nostri confronti. Che assurdità, che distorsione della giustizia e della storia”. Se venissero emessi mandati d’arresto internazionali contro esponenti di Israele, ha aggiunto, sarebbe la prima volta che “un Paese democratico, che lotta per la propria vita secondo tutte le regole del diritto internazionale, sarà accusato di crimini di guerra. Se ciò accadesse, sarà una macchia indelebile su tutta l’umanità. Sarà un crimine d’odio antisemita senza precedenti, un crimine che alimenterà l’incitamento all’antisemitismo che già imperversa nel mondo”.
Netanyahu ha quindi ribadito che “nessuna decisione, né dell’Aia né di altri, potrà danneggiare la nostra determinazione a raggiungere tutti gli obiettivi della guerra: il rilascio di tutti i nostri ostaggi, una vittoria completa su Hamas e la promessa che Gaza non costituirà più un ostacolo o una minaccia per Israele, nonché ripristinare la sicurezza e i residenti nel nord”. Rivolgendosi poi ai Paesi occidentali, Netanyahu ha affermato che “Israele si aspetta che i leader del mondo libero si oppongano fermamente a questo passo scandaloso, un passo che danneggerà la capacità di autodifesa non solo dello Stato di Israele, ma di tutti gli altri paesi democratici del mondo. Israele si aspetta che questi leader utilizzino tutta la loro influenza e tutti i mezzi a loro disposizione per fermare questo passo”.
“Ho avvertito il primo ministro” Benjamin Netanyahu sulle conseguenze “se, Dio non voglia, Israele non entrerà a Rafah, se, Dio non voglia, finiremo la guerra e se, Dio non voglia, ci sarà un accordo sconsiderato“. Lo ha detto il ministro israeliano della Sicurezza nazionale e leader di estrema destra Itamar Ben Gvir. Lo riporta The Times of Israel. “Il primo ministro ha ascoltato le mie parole, ha promesso che Israele sarebbe entrato a Rafah, ha promesso che la guerra non sarebbe finita e ha promesso che non ci sarebbe stato un accordo sconsiderato – ha aggiunto Ben Gvir – Accolgo con favore queste cose. Penso che il primo ministro capisca molto bene cosa significherà se queste cose non accadranno“.
La Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha respinto la richiesta del Nicaragua per la sospensione degli aiuti militari e di altro tipo a Israele da parte della Germania. Il Nicaragua, alleato di lunga data dei palestinesi, sostiene che la Germania stia consentendo il genocidio inviando armi e altro sostegno a Israele. Berlino ha respinto tutte le accuse.
Il Nicaragua aveva chiesto alla Corte di prendere provvedimenti urgenti per fermare il contributo della Germania a quello che ritiene sia un genocidio commesso da Israele a Gaza. Durante le udienze l’ambasciatore di Managua in Olanda, Carlos José Argüello Gómez, ha dichiarato davanti alla giuria di 16 giudici che “la Germania non sta onorando il proprio obbligo di prevenire il genocidio o di garantire il rispetto del diritto umanitario internazionale“. Il Nicaragua ha chiesto anche che la Germania ripristini i finanziamenti diretti all’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite a Gaza. La rappresentante del team legale tedesco, Tania von Uslar-Gleichen, ha affermato che le affermazioni del Nicaragua “non hanno alcuna base di fatto o di diritto“.
Sono 182 i dipendenti dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa) rimasti uccisi nella guerra in Medioriente. Lo ha affermato il Commissario generale dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, durante un briefing a Ginevra. Lo scrive la stessa agenzia su X. “Più di 160 locali sono stati danneggiati o totalmente distrutti. La maggior parte di questi locali ospitavano sfollati: più di 400 persone sono state uccise in questi locali”, ha aggiunto Lazzarini.
Razzi guidati anticarro sono stati lanciati dal sud del Libano verso la città israeliana di Metula, nel nord dello Stato ebraico. Lo riferiscono le autorità locali, citati da The Times of Israel. A seguito dell’attacco il Consiglio regionale dell’Alta Galilea ha chiuso la route 90 tra il bivio di Tel Hai e Metulla. Nella raffica, secondo Canale 12, sono stati lanciati tre missili.
L’ultima proposta sul tavolo per un accordo fra Israele e Hamas prevederebbe una tregua in 2 fasi. La prima, di 3 settimane, prevede il rilascio di 20 ostaggi israeliani a fronte di un numero imprecisato di prigionieri palestinesi, la seconda fase invece considera un cessate il fuoco di 10 settimane durante le quali Hamas e Israele si accorderebbero su un rilascio più ampio degli ostaggi e su una pausa prolungata nei combattimenti che potrebbe durare fino a un anno. Lo riporta il Wall Street Journal (Wsj), citando fonti egiziane, secondo cui la prima fase di 3 settimane potrebbe al suo termine essere estesa al ritmo di un giorno per ogni altro ostaggio rilasciato.
Come sottolinea il quotidiano americano, che cita funzionari egiziani a conoscenza dei colloqui, sebbene l’ala politica di Hamas avesse inizialmente risposto positivamente, il gruppo si è in seguito lamentato del fatto che i termini non facessero alcun riferimento esplicito alla fine della guerra. Yahya Sinwar, il leader di Hamas a Gaza, vicino al braccio armato del gruppo, è ampiamente considerato il principale decisore nei colloqui. Sempre secondo quanto riporta il Wall Street Journal (Wsj), i delegati di Hamas che erano al Cairo hanno detto che si consulteranno con l’ala militare e le altre fazioni a Gaza e torneranno dai mediatori, specificando però che la proposta attuale non fornisce chiare garanzie che Israele sia serio riguardo alla seconda fase dell’accordo.
Israele entrerà a Rafah per distruggere i battaglioni di Hamas “con o senza un accordo”. Lo ha detto il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, impegnandosi a lanciare l’incursione nella città nel sud della Striscia di Gaza, vicino al confine con l’Egitto. Il riferimento è all’accordo che Israele e Hamas stanno negoziando per raggiungere un cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi israeliani nella Striscia.
“L’idea di fermare la guerra prima di aver raggiunto tutti i suoi obiettivi è fuori discussione. Entreremo a Rafah ed elimineremo i battaglioni di Hamas lì, con un accordo o senza accordo, per raggiungere la vittoria totale”, ha detto Netanyahu in un incontro con le famiglie degli ostaggi detenuti dai militanti a Gaza, secondo una dichiarazione diffusa dal suo ufficio. Negli ultimi giorni sono cresciute le speranze che le parti possano muoversi verso un accordo che possa evitare un’incursione israeliana a Rafah, dove si è rifugiato più della metà dei 2,3 milioni di abitanti di Gaza. La comunità internazionale, compreso il principale alleato di Israele, gli Stati Uniti, hanno lanciato un allarme sulla sorte dei civili a Rafah in caso di invasione israeliana. Netanyahu sostiene che un’offensiva su Rafah sia cruciale per distruggere Hamas dopo gli attacchi del 7 ottobre contro Israele che hanno scatenato il conflitto.
Un agente di polizia è stato accoltellato in un presunto attacco nella Città Vecchia di Gerusalemme, vicino alla porta di Erode. Lo riferiscono le autorità israeliane, citate da The Times of Israel. L’agente, un uomo di circa trent’anni, è rimasto leggermente ferito nell’attacco mentre il presunto assalitore, secondo i soccorritori, sarebbe stato ucciso dai colpi esplosi dagli altri poliziotti.
L’esercito israeliano (Idf) afferma di aver colpito nella notte diversi obiettivi di Hezbollah a Kafr Kila e Khiam, nel sud del Libano. L’Idf spiega che l’operazione è stata conseguente al lancio di 2 missili anticarro partiti dal Libano contro l’area di Dovev; secondo l’esercito sono caduti in aree aperte e non hanno causato danni né feriti.
È di 47 morti e 61 feriti il bilancio delle vittime di attacchi israeliani nelle ultime 24 ore nella Striscia di Gaza. Lo riferisce il ministero della Sanità di Gaza, aggiungendo che sale così a 34.535 morti e 77.704 feriti il bilancio delle vittime dall’inizio della guerra, con 8mila persone che si ritiene siano ancora disperse. Secondo il ministero, fra i morti ci sono 14.500 bambini e 9.500 donne.
Israele ha deciso di non inviare una delegazione al Cairo per colloqui finché Hamas non risponderà alla proposta di accordo. È quanto riferisce una fonte citata dall’emittente israeliana Kan, secondo cui Israele aspetta che arrivi una risposta da parte di Hamas mercoledì sera e poi prenderà una decisione.
Non c’è nulla di “generoso” nel fermare gli attacchi che hanno ucciso decine di migliaia di civili palestinesi, “l’attacco in sé è un crimine, quindi quando si ferma un crimine non si può affermare che sia un’azione generosa da parte israeliana”. Lo ha detto ad Al-Jazeera Osama Hamdan, funzionario di Hamas, replicando al segretario di Stato Usa Antony Blinken, che ieri aveva dichiarato che Hamas “ha davanti a sé una proposta straordinariamente generosa” e aveva invitato il gruppo palestinese a decidere in fretta. Blinken si trova nella regione per la sua settima missione diplomoatica in Medioriente dall’inizio della guerra.
Se non ci sarà un accordo per il cessate il fuoco con Hamas “nei prossimi giorni” Israele lancerà l’offensiva a Rafah. È quanto riferisce la radio israeliana dell’esercito citando fonti della sicurezza. “Se nei prossimi giorni non ci saranno progressi nei negoziati per un accordo, verrà dato l’ordine di lanciare un’operazione a Rafah”, si legge in un post sui social network della radio, che cita appunto “funzionari della sicurezza”. I negoziatori di Hamas starebbero preparando una risposta scritta all’ultima proposta di accordo, che prevedrebbe un cessate il fuoco di 40 giorni. Il quotidiano Ynet riporta che il piano per l’operazione a Rafah è stato completato e che l’Idf stima che nelle prossime 48-72 ore verrà presa una decisione.
“In un momento di grande oscurità, le vostre proteste esplodono e danno speranza all’umanità che la giustizia non è un concetto astratto ma una lotta continua che ci collega tutti”. È quanto si legge in una lettera inviata dalle università palestinesi agli studenti e ai docenti degli accampamenti di solidarietà di Gaza nelle istituzioni accademiche statunitensi. “I vostri valori stanno emancipando l’università dal razzismo strutturale e dalla complicità con il potere e il colonialismo”, si legge nella lettera. “In un momento in cui le voci degli oppressi vengono intenzionalmente messe a tacere, la vostra solidarietà funge da faro di speranza. Le vostre azioni sono un messaggio sonoro che l’ingiustizia e l’oppressione non saranno tollerate”, scrivono le università palestinesi. “Traiamo ispirazione dal coraggio di coloro che rifiutano e resistono alle continue ingiustizie del colonialismo e dell’occupazione militare. Vi diamo il benvenuto nelle nostre università in una Palestina liberata”, conclude la lettera.
Almeno 34 persone sono state uccise e 68 ferite nei raid israeliani nella Striscia di Gaza durante la giornata di ieri. Lo riporta l’agenzia di stampa palestinese Wafa. Le fonti affermano che molte vittime sono ancora intrappolate sotto le macerie e sulle strade perché i soccorritori non riescono ancora a raggiungerle.
Joe Biden ha parlato con il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi e l’emiro del Qatar Tamim Bin Hamad Al-Thani dell’accordo per il rilascio degli ostaggi di Hamas e un immediato cessate il fuoco a Gaza. Lo riferisce la Casa Bianca in una nota. Biden, si legge, “ha confermato che gli Stati Uniti insieme all’Egitto e al Qatar lavoreranno per garantire la piena attuazione dei suoi termini” e “ha esortato” i due leader “a compiere tutti gli sforzi per garantire il rilascio degli ostaggi detenuti da Hamas poiché questo è ora l’unico ostacolo a un cessate il fuoco immediato e agli aiuti per i civili a Gaza”. Insieme, spiega la nota, “hanno esaminato le iniziative in corso per aumentare il flusso di assistenza salvavita alla popolazione di Gaza”.
“Guardate cosa sta succedendo nel mondo. Nei paesi occidentali, in Inghilterra, Francia e nei paesi intorno agli Stati Uniti, le persone scendono in piazza in massa e gridano contro Israele e gli Stati Uniti”. Lo scrive sui social Sayyid Ali Khamenei, leader supremo dell’Iran. “Israele e gli Stati Uniti hanno perso la loro dignità e non hanno davvero modo di farlo affrontare la situazione”, aggiunge postando una serie di video delle proteste.