IN AGGIORNAMENTO – Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno colpito 36 obiettivi Houthi nello Yemen in una seconda ondata di attacchi contro i gruppi sostenuti dall’Iran. Gli ultimi attacchi contro gli Houthi sono stati lanciati da navi da guerra statunitensi e da aerei da combattimento statunitensi e britannici. Gli attacchi fanno seguito a quello in Iraq e Siria venerdì che ha preso di mira altre milizie appoggiate dall’Iran e la Guardia rivoluzionaria iraniana come rappresaglia per l’attacco effettuato con i droni che ha ucciso tre soldati statunitensi in Giordania lo scorso fine settimana. Secondo funzionari statunitensi e il Ministero della Difesa britannico, gli obiettivi Houthi si trovavano in 13 luoghi diversi, colpiti dagli aerei da caccia statunitensi F/A-18 della portaerei USS Dwight D. Eisenhower, dagli aerei da caccia britannici Typhoon FGR4 e dai cacciatorpediniere della Marina USS Gravely e dalla USS Carney che lanciavano missili Tomahawk dal Mar Rosso.
“L’aggressione americano-britannica contro lo Yemen non resterà senza risposta e risponderemo all’escalation con l’escalation”. Così Mohammed Al-Bukhaiti, membro dell’ufficio politico degli houthi dello Yemen, risponde in un post su X agli attacchi lanciati sabato sera da Usa e Regno Unito contro obiettivi del gruppo in Yemen. “Il bombardamento di alcune province yemenite da parte della coalizione Usa-Britannica non cambierà la nostra posizione e affermiamo che le nostre operazioni militari contro Israele continueranno fino a quando non saranno fermati i crimini di genocidio a Gaza e non sarà tolto l’assedio ai suoi abitanti, a prescindere dai sacrifici che ci costerà”, afferma Al-Bukhaiti. E ancora: “La nostra guerra è morale e se non fossimo intervenuti a sostegno degli oppressi di Gaza, l’umanità non sarebbe esistita tra gli uomini”.
L’ultimo round di raid di Usa e Regno Unito contro obiettivi houthi in Yemen “non è un’escalation”. È quanto ha detto il segretario alla Difesa britannico, Grant Shapps, secondo quanto riporta l’emittente britannica Sky News. “Abbiamo già preso di mira con successo lanciatori e siti di stoccaggio coinvolti negli attacchi houthi e sono fiducioso che i nostri ultimi attacchi abbiano ulteriormente ridotto le capacità degli houthi”, ha dichiarato Shapps, aggiungendo che i ripetuti attacchi degli houthi contro navi commerciali e militari nel Mar Rosso sono “illegali e inaccettabili”. Secondo Shapps, si è trattato di raid “proporzionati e mirati”. “Abbiamo agito insieme ai nostri alleati statunitensi, con il sostegno di molti partner internazionali, per autodifesa e in conformità con il diritto internazionale”, ha detto.
La nuova ondata di raid condotti da Usa e Regno Unito su obiettivi houthi in Yemen “invia un chiaro messaggio agli houthi: continueranno a subire ulteriori conseguenze se non porranno fine ai loro attacchi illegali contro navi per spedizioni internazionali e imbarcazioni”. Lo ha detto il segretario Usa alla Difesa, Lloyd Austin, aggiungendo che “non esiteremo a difendere vite umane e il libero flusso del commercio in una delle vie d’acqua più critiche del mondo”. Il Dipartimento della Difesa ha dichiarato che gli attacchi hanno preso di mira siti associati a strutture di stoccaggio di armi degli houthi, sistemi missilistici e lanciatori, sistemi di difesa aerea e radar.
Gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno colpito sabato almeno 30 obiettivi dei ribelli houthi nello Yemen, in una seconda ondata di attacchi destinati a mettere ulteriormente fuori gioco i gruppi sostenuti dall’Iran che continuano ad attaccare gli interessi Usa e internazionali sulla scia della guerra fra Israele e Hamas. Lo riferiscono funzionari Usa ad Associated Press, spiegando che questi ultimi attacchi contro gli houthi sono stati lanciati da navi e jet da combattimento. Questa nuova ondata di raid fa seguito all’attacco aereo compiuto venerdì dagli Usa in Iraq e Siria e che ha preso di mira altre milizie sostenute dall’Iran e la Guardia Rivoluzionaria iraniana, come rappresaglia per l’attacco con droni che domenica scorsa ha ucciso tre soldati statunitensi in una base in Giordania.