Il Jerusalem Post conferma la decapitazione di bambini. La Francia vieta manifestazioni pro Palestina
La morsa attorno a Gaza si stringe sempre di più e Israele non ha nessuna intenzione di allentarla. “Nessun interruttore elettrico sarà acceso, nessuna pompa dell’acqua sarà aperta e nessun camion di carburante entrerà finché gli ostaggi israeliani non saranno tornati a casa”, ha fatto sapere il ministro dell’Energia israeliano Israel Katz. Mentre gli ospedali non hanno più un posto libero e le medicine scarseggiano, la Croce Rossa lancia l’allarme: “Tre impianti idrici su 5 sono fuori servizio a causa dei bombardamenti israeliani e c’è mancanza di carburante”. Gli aiuti umanitari arrivati attraverso 3 voli da Qatar e Giordania sono stati bloccati in Egitto in attesa di un corridoio sicuro. Il valico di Rafah resta aperto, hanno assicurato le autorità egiziane, ma è impraticabile a causa dei continui raid israeliani. Raid che da sabato hanno fatto cadere oltre 6.000 bombe sulla Striscia di Gaza, uccidendo almeno 1.400 persone, tra cui 400 bambini e oltre 200 donne.
“Chiunque si trovi vicino ai terroristi di Hamas metterà in pericolo la propria vita“, si legge in alcuni volantini fatti piovere dall’esercito di Israele sulla Striscia, invitando i civili ad evacuare per essere risparmiati dalla furia diretta contro i combattenti di Hamas. “Gaza non sarà più la stessa”, ha assicurato il capo dell’esercito israeliano, Herzl Halevi, nella sua prima dichiarazione pubblica dall’attacco di Hamas in cui ha dovuto ammettere il fallimento dei suoi militari. L’attacco che ha colto di sorpresa le truppe israeliane “lo stavamo preparando da due anni“. A rivelarlo è il dirigente di Hamas, Ali Baraka, intervistato l’8 ottobre dall’emittente Russia Today.
“L’ora zero è stata tenuta completamente segreta”, ha raccontato, “il numero di chi la conosceva si può contare sulle dita di una mano”. Baraka ha anche fatto intendere di poter contare su appoggi esterni. “Non siamo soli sul campo di battaglia“, ha detto citando l’aiuto “dell’Iran che ci dà denaro e armamenti” e il gruppo libanese di Hezbollah e “le popolazioni arabe islamiche che sono dalla nostra parte”.
Alleati che non si sa ancora come potrebbero rispondere davanti a una possibile operazione di terra dell’esercito israeliano a Gaza, che è pronta a partire non appena il governo di unità nazionale darà l’ordine. Fondamentale per questo motivo è non perdere di vista anche gli altri fronti caldi, come quello al confine con il Libano, dove sono stati schierati battaglioni di riservisti. Ma le forze di difesa israeliane (Idf) si sono spinte fino alla Siria, bombardando le piste degli aeroporti di Damasco e Aleppo e mettendoli così fuori servizio.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, non ha dubbi: “Hamas sarà schiacciato“, definendo il gruppo armato palestinese “un nemico della civiltà che dovrebbe essere trattato come l’Isis”. “La brutale disumanità di Hamas ricorda il peggio del gruppo estremista islamico”, ha concordato il segretario di Stato americano, Antony Blinken, in visita a Tel Aviv per esprimere sostegno al suo principale alleato in Medioriente. Solidarietà che vuole esprimere anche la Germania, con la visita odierna in Israele della ministra degli Esteri Annalena Baerbock, e con le parole del cancelliere Olaf Scholz: “La sicurezza di Israele è la ragion d’essere tedesca. La storia dell’Olocausto ce lo impone”, ha detto parlando al Bundestag.
Dal canto loro, il presidente iraniano Ebrahim Raisi e il suo omologo siriano Bashar al-Assad hanno chiesto a “tutti i Paesi islamici e arabi di unirsi per fermare i crimini del regime sionista contro la nazione palestinese oppressa“. Più diplomatica la posizione del presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas, che ha di “rifiutare la pratica di uccidere civili o di maltrattarli da entrambe le parti” nel conflitto.
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