Il fondatore di Wikileaks è accusato negli Stati Uniti di una serie di reati legati allo spionaggio

 (LaPresse) – Una corte d’appello britannica ha ribaltato la sentenza di primo grado che aveva negato l’estradizione di Juliane Assange dal Regno Unito agli Stati Uniti. C’è una apertura, quindi, alla sua estradizione. Durante il primo grado del processo, all’inizio di quest’anno, il giudice aveva ritenuto che la salute mentale del fondatore di WikiLeaks fosse troppo fragile per resistere al sistema di giustizia penale americano. Il giudice distrettuale Vanessa Baraitser aveva negato l’estradizione per motivi di salute, affermando che Assange potrebbe suicidarsi se trattenuto nelle dure condizioni carcerarie statunitensi. La sentenza della corte d’appello emessa oggi potrebbe essere impugnata.

Amnesty: “Annullare le accuse contro Assange”

Al fianco di Juliane Assange da tempo è schierata Amnesty International. L’organizzazione che si batte per la tutela dei diritti umani chiede che vengano cancellate le accuse nei confronti del fondatore di Wikileaks, accuse che derivano “direttamente dalla diffusione di documenti riservati nell’ambito del lavoro giornalistico di Assange”.

A favore dell’attivista australiano hanno manifestato decine di persone a Londra, lo scorso 28 ottobre, quando si era riunita l’ultima volta la Suprema Corte inglese, chiamata da decidere le sorti di Assange: tra loro anche il leader del Partito Labourista Jeremy Corbyn. 

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